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Visualizzazione dei post da aprile, 2003
- Bella questa canzone. - Già. Accendi la stampante. - …Youu make me dry… ecco, accesa… - Passami i fogli - …You make me dry… che vuol dire? Mi fai secca ? - He he he… - Perché ridi? - Pensavo fosse una battuta. Non era una battuta? Gira il foglio, va… - Mi rendi secca… va un po’ meglio… - Anche asciutta potrebbe andare. Senti, perché la tua stampante non funziona? - Non so. Guarda che bella luce che c’è fuori! - Sì sì, tieni un attimo il cavo… - Mi rendi asciutta… Che roba è? Non stiamo mica parlando di pasta… - Tienilo un po’ più su, che non funziona… - Arida. Che ne dici? Non è la traduzione perfetta? - Be’ sì. Oooooh, guarda come stampa bene adesso. Non mollare il cavo, eh? - Mi rendi arida… anzi: inaridita incoativo! Mi inaridisci… - Perfetto. Prendi il foglio… - Mi inaridisci… Ooh oooh… Mi inaridisci… - Fatto! finito, guarda che bel lavoro… - Mi inaridisci… Oooh ooh… You make me dryyy… Silenzio. Sguardi. - Perché ho come il sospetto che tu stia ce
La maratona è finita, in Prato della Valle c’è il concerto di Alexia, Tiziano Ferro, e altre amenità; la gente arriva a ondate di gruppuscoli da tre quattro persone - tu e A. siete in piazza S. a giocare a frisbee e vi interrompete ogni due secondi per lasciar passare le persone: a volte, invece, cercate di colpire apposta i passanti alle gambe (poi dite, spalancando gli occhi, oh mi scusi, oh scusa non l’ho fatto apposta ) Poi la piazza si svuota, siete solo voi due, alle dieci e mezza: le birre comprate al ristorante cinese sono finite, e tu allora, correndo, ti allontani per allungare i tiri, ma mentre corri senti il frisbee che ti colpisce dritto sulla nuca, giusto giusto sopra il collo. Ti giri: Be’? Non potevi aspettare? Dice: Cosa? Ti massaggi il collo e intanto vedi che il frisbee ce l’ha A. in mano e guardi a terra e non c’è niente, niente ti ha colpito. Ma allora questa SARS? dice il giornalaio che ancora dopo anni non ha capito due cose fondamentali: 1. che tu NON se
“Pronto? C’è Ale?” “No, Ale è uscito stamattina presto. Ha detto che prendeva il pane. Adesso sono le due del pomeriggio, Ale non è tornato. E io sono ancora senza pane.” Poi sei tornato. (Regola n. 1: evitare il solletico. Le conseguenze potrebbero essere fatali.) Dal balcone di fronte iniziano a litigare. “Succederà qualcosa” dice tua madre “Lui la ammazzerà” Provi ad immaginarti tua madre nei panni di James Stuart in La finestra sul cortile. Sarebbe perfetta se tuo padre, con quei baffi, non fosse una pessima Grace Kelly. “E’ l’appartamento.” dice. “L’appartamento maledetto.” aggiungi. “Secondo me lui la lega, la imbavaglia.” Tuo padre sbuffa. Tu guardi tua madre che assume un’aria da cospiratrice. Ha delle forcine gialle tra i capelli rossi. “Litigano tutte le sere. Poi a un certo punto basta. Pof.” unisce le mani, poi le allontana mimando qualcosa che scompare “Secondo me lui la lega, la imbavaglia, la schiaffeggia. Poi se ne va a ballare.” dice “Com’è la pasta?
Troppe scarpe a punta in questa festa. Attento: ci sono decisamente troppe scarpe a punta. Anche tu, come tutti , scribacchi. Con qualche velleità, pure. Alle volte, se sufficientemente sbronzo - se in condizioni psicologiche favorevoli verso l’umanità – puoi sentirti abbastanza tranquillo da far leggere le cose che scrivi. Sottoponi sempre le solite due tre pagine che ti sembrano ben riuscite, perché sei un vero paraculo. - Ecco - dici. Il tuo amico prende i fogli, li legge. Poi si mette a ridere. Di gusto. Sei soddisfatto, anche se tutto questo entusiasmo ti pare fuori luogo. - Ok – dice il tuo amico – Bello scherzo. – e continua a ridere. Poi ti ridà i fogli e dice – E i racconti veri dove sono? – - Scusa? - - Sì, dai, i tuoi racconti: non dovevi farmeli leggere? - Panico: fai l’indifferente: ridi. - Be’ l’hai congeniato bene – dice – quasi ci cascavo. Ma questi racconti sono troppo… sì, troppo scemi . Soprattutto questo – dice, ride, sghignazza, sbuffa, grugnisce
- Ale? E’ ora. - Cosa? - Dobbiamo andare. Ci aspettano. - … - Ale? - … mmm… - E’ tardi… - … fa freddo… - Sì, ma dobbiamo andare… - … ma piove… - E’ tardi! Dài, muoviti! - Ahia! Da due giorni, alle otto di sera, suona la sirena del palazzo di fronte. Tua madre sgambetta in giro come impazzita, chiama i vigili, la vigilanza. La sirena si spegne. Lei si siede. La sirena riprende. Lei si frenetizza. Tutto questo dura più o meno quindici minuti. Non sai mai, quando si spegne, se essere contento per la fine dello strazio o se stare in tensione perché prima o poi riprenderà. Di solito vince la tensione. - Ale? Non c’è nessuno… - Ci sarà traffico. Piove una pioggia fortissima, praticamente un fiume. La pioggia non scivola sull’ombrello, lo attraversa, attraversa i vestiti, la pelle; attraversa i muscoli, le ossa; poi di nuovo i muscoli e la pelle e i vestiti. - Ma è tardi, e non c’è nessuno! - Ma sì, adesso arrivano a prenderci. - … - Ale? - Eh? - Sono le die
Ho un violentissimo attacco di pigrizia. Un’altra laurea: non se ne può più; e sono al verde. E fuori ci sono 4 gradi, e piove. B. si è laureata alle nove di mattina, mezz’ora dopo era già sbronzissima. C’era il sole e un freddo che ghiacciava la saliva in bocca, e B., laureata e barcollante, girava per i banchi del mercato con attorno dieci amici. “Date, date qualcosa alla laureata! date!”: dicevano gli amici ai negozianti, urlando che sembravano più ubriachi dell’ubriaca. E in una scatola di polistirolo, raccattata tra la spazzatura, B. ha raccolto nel disordine: un pezzo di pane, un salame intero, del prosiutto marcio, un’aringa morta, qualche spicchio di limone, due carciofi e un porro, scaglie di grana, campioni di creme rassodanti, e – attenzione – una testa di gallina: il macellaio coinvolto nel delirio l’ha tagliata lì, davanti a lei, e ne ha creato una collana che B. subito ha indossato. Ed è stata il suo trofeo: una testa di gallina più che morta, spiumata, con l’occhi
Sono al telefono. Mia madre è sul divano. Io parlo, lei legge il giornale. Parlo. Poi dal divano, dietro i fogli, sento una voce che dice: Walter Lo dice all'inglese, non valter insomma, ma uolter "Uòlter?" chiedo "Uòlter chi?" Dal telefono una voce dice: "Uolter? Che stai dicendo Ale?" "No, mia madre: ha detto Uòlter" "E poi?" "Niente, in silenzio. Continua a leggere." Mia madre in effetti continua a leggere. Poi chiude il giornale e si alza. "Uòlter?" le dico. "Uòlter Veltroni." dice e se ne va.