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Esperienza mistica n. 452

Con uno scatto senza suono, il lucchetto della bicicletta si apre. Lo richiudo attorno alla sella. Una goccia mi colpisce la guancia. Guardo in alto, seguo la prospettiva del muro a cui la bici è appoggiata. C’è il sole. Dal cornicione del palazzo spunta la coda di un colombo. Se strizzo gli occhi sono sicuro di vedere il suo buco del culo ancora spalancato. Abbasso lo sguardo sulla sella, la sella ha una minuscola chiazza bianca. Giro la testa a sinistra, verso il braccio, e sulla manica della giacca (marrone scuro) s’è spalmata una chiazza marrone chiaro. In tutto questo le mie mani sono rimaste fisse sul lucchetto. Dal cornicione la coda del colombo è sparita, evidentemente si è sporto solo dopo aver preso bene la mira. Ipotesi di sterminio. Minimiccette dal potenziale esplosivo di una carica magnum di C4 da graffettare ai chicchi di mais. Colombi che esplodono in volo.

Esperienza mistica n. 77/bis

Nek, da Ricordi, ha la faccia così scura da sembrare tornato appena adesso da una vacanza direttamente sul sole. Dalle vetrine lo vedo stringere mani e firmare. Non sorride mai, ma quando accenna a un movimento della bocca, la pelle gli si raggrinzisce come una prugna secca. Sulla porta di Ricordi, una ragazza con un microfono e due altoparlanti urla a dieci persone: “Allora! Com’è questo nuovo album di Nek, vi piace?” A parte due ragazzine che vengono subito picchiate e schiacciate sulla vetrina in modo da lasciare una scia di sangue, tutti urlano “Fa cagare!”. La ragazza con microfono, in stato mistico/allucinatorio (risplende), sorride e annuisce: “Anche a me piace tanto.” Fans di Nek che esplodono in volo.

Esperienza mistica n.2398

Cammino a una discreta velocità, al limite della corsa. Vedo: il semaforo; una ragazza che aspetta di attraversare la strada; il semaforo rosso; nessuna macchina; i paletti di metallo che delimitano i marciapiede. Decido: supero la ragazza passando a sinistra del paletto, attraverso la strada in tutta velocità. Non vedo: la catena che pende da un paletto all’altro. Quasi: giro su me stesso – asse di rotazione: la catena che non ho visto – per almeno due volte, sbattendo entrambe le volte la testa sullo spigolo del marciapiede. Quasi 2: vengo tranciato in due tronconi dalla catena che prendo in pieno in mezzo alla pancia; le gambe procedono per altri due chilometri per inerzia spruzzando sangue come in killbill mentre il resto bestemmia (sempre inerzia). Quasi 3: si raduna una folla di vecchietti, piccioni, fans di Nek, che mi prende per il culo.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale