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Alla fine della cena, mio padre afferra il bicchiere di vino e se ne cammina tutto contratto nelle spalle verso la televisione, allora io chiedo a mia madre che cos'ha papà, lei mi risponde: ma niente, è solo un po' offeso. Come, offeso, le chiedo, offeso di cosa? Da una cosa che mi ha raccontato, dice lei. E cioè, chiedo. E cioè questo pomeriggio tuo padre era al computer, su internet, a cercare un volo per londra; stava navigando quando càpita sul sito di un test d'intelligenza, e allora, stuzzicato, decide di provarlo, ci perde anche del tempo, gli sembra che non debba finire mai finché non finisce; il risultato è circa 133. E cosa vuol dire? Dice tuo padre che neppure lui sapeva cosa volesse dire, ma che dopo il numero c'era un commento e il commento spiegava che 133 è un valore al di sopra della media, ed è un valore paragonabile all'intelligenza di un filosofo visionario. Allora tuo padre mi ha detto, col muso: un filosofo visionario, non sarà mica una bella cosa. Ah, dico, si è offeso per questo. E tu? Che gli hai risposto? Io? Gli ho risposto che ho sempre pensato che fosse un po' visionario. E lui? E lui mi ha detto be' quando ti ho conosciuto non c'è dubbio.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale