Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da 2004
"Se sapessi cos'è un'allucinazione, saprei anche cos'è la realtà. Ho esaminato la questione attentamente e affermo che è impossibile avere un'allucinazione: va contro la ragione e il senso comune. Coloro che sostengono di averne avute probabilmente mentono. (Io qualcuna ne ho avuta.)" Philip K. Dick - Sarà mai perfezionata la bomba atomica? E, se sì, che ne sarà di Robert Heinlein? [1966] - da Mutazioni , Milano, Feltrinelli, 1997
Sto riprendendo fiato. Un respiro, una parola, un respiro, un bianchetto. Eh, ci rivediamo, mi sa, con l'anno nuovo.
Ma pensa... Alla fine avevo deciso che qui, io, non avrei più scritto, sarei scomparso nel nulla, silenzioso, senza dire niente, semplicemente facendo sempre più ombra su queste frasi, un centimetro per volta, una parola per volta, nel tentativo di sparire e affrancarmi da tutto questo, dalle frustrazioni, soprattutto, e dalle ferite, dai giochetti di potere stronzi che si riproducono anche qui, nel piccolo, dove penseresti che no, e invece i gruppetti, le invidie, le gerarchie - stupido io a non pensare subito che l'immagine riflessa non si svincola dall'oggetto... e poi arriva una lettu ra improvvisa e inaspettata: una di quelle scosse sintattiche che fanno ripartire i meccanismi arrugginiti, stanchi, persi in continui ritorni - la parola, diceva il poeta, tradirà l'ossessione - smussati dall'abuso senza senso, dal controllo totale sul nulla; una mano che, "abile o incauta, / toglie l'impedimento" (complice, forse, Pynchon maledetto) ed eccomi ancora qu
Forse sto perdendo il controllo sugli oggetti - penso in corridoio. ... poi alle volte ti svegli e ti sembra di essere nel mezzo di una dissolvenza incrociata, nella quale due immagini si sovrappongono senza essere nè una nè l'altra e tu sei incastrato proprio lì, bloccato come in un fermo-immagine, senza sapere quale delle due svanirà e quale, invece, diventerà presente e reale... Cosa stai facendo? chiedo. Ho comprato un quaderno verde stamattina, (o era ieri?) a righe, e oggi non lo trovo più, così eccomi a passare il pomeriggio ripetendo avanti e indietro il percorso da camera mia a camera di mio fratello, spostando i libri - incolonnati sul tavolo in un ordine fittizio - da destra a sinistra, poi da sinistra a destra alla ricerca del quaderno verde a righe che ho comprato stamattina (o devo ancora comprarlo?), in un tripudio di frustrazione, senza capire se ho messo il quaderno appena comprato in borsa o se invece, senza accorgermene, ho sbagliato mira facendolo ca
Comunque, ribadisco, Eudora mi mangia la posta. Chiunque mi abbia scritto in questi giorni e non abbia ricevuto risposta è pregato di rispedire le mail scomparse. L'orrore è anche questo: cercare di capire che cazzo non va nel mio computer mentre, dalla finestra aperta, non posso fare a meno di ascoltare un gruppo di scouts - camicia marroncino chiaro, pantaloni corti blu, fazzoletto al collo - cantare in coro, stonando, io vagabondo . Questo non c'entra niente ma l'altro giorno avevo semplicemente dimenticato di scriverlo. Accanto all'argine che percorro per andare in stazione, la via dei platani, stanno costruendo nuovi complessi universitari. Dal cantiere, al sesto piano delle impalcature, due giorni fa, alle undici di mattina circa, un uomo, verosimilmente un muratore, urlava Ricordati che tra poco è natale! Ricordati! che tra poco! E' natale! Ricordatevi che tra poco è natale, eh.
Sì, be', sì, sono un disastro. Mi aggiro per la biblioteca, furtivo. Controllo attraverso gli scaffali - come nei film - che non ci siano persone sospette, incontri imbarazzanti. Mi acquatto agli angoli delle pareti e, con uno specchio, mi accerto che la via sia libera. Striscio lungo i muri, annodo una treccia di carta igienica per fuggire dalla finestra. Il mio posto non è questo, penso. Qualcuno ha arrotolato le bandiere ai pennoni, prima della tempesta. O forse sono sempre state così e si scolorano giorno dopo giorno, senza sventolare. Lunedì mi aspetta la resa dei conti, col guru e con un'altra persona che non mi aspettavo, ma che in questa settimana mi ha fatto turbinare lo stomaco in un vortice, avvitare i pensieri nella calanca vertiginosa , che inghiotte ancora vittime - fortuna che poi qualcuno è in grado di arrestare il precipizio nel grottesco con la sua sola presenza... Il guru continua a telefonare alle commissioni d'esami, spacciandomi per uno studente bravo
NOTA : Questo post è lungo, ma è così inutile e brutto che potete fare a meno di leggerlo. Non ho mai preso allucinogeni. C'è stato un periodo in cui avrei voluto farlo. Per un po' è stato un desiderio violento. Poi, non so come, è svaporato. Non ho mai trovato l'occasione giusta. O forse ho fatto in modo di non trovarmici. Poco coraggio, suppongo. Abito vicino a una porta cittadina cinquecentesca. Da qualche sera, tornando a casa, questa porta è illuminata di rosa. Fucsia. Sparato. Non so se avete presente Dumbo, l'incubo degli elefanti rosa. Una cosa del genere. «Ma scusa» ho chiesto a mio padre «perché la porta è illuminata di rosa?» «Prevenzione» ha risposto «Prevenzione dei tuomori al seno» «Illuminare la porta di rosa previene i tumori al seno? E quelli alla prostata?» «No: sensibilizza; non fare domande idiote.» «E funziona? Sensibilizza ?» «E' un'idea del sindaco» dice, alzandosi. Insomma, i dottorati. Non ho vinto la borsa da nessuna
Il malditesta ha la forma di un grasso verme succoso che si adagia nella zona ovest del mio cranio (tendenzialmente la meno soleggiata). A letto, lo sento quasi strisciare dal collo verso la fronte, facendosi spazio negli interstizi spugnosi. Dovrei smetterla di frequentare amici ipocondriaci, fanno diventare ipocondriaco anche me. Oppure è il contrario, e sono loro che dovrebbero smettere di cercarmi. Tasto il collo alla ricerca di linfonodi ingrossati; mi immagino in ospedale, dopo la chemioterapia - calvo - dire all'infermiera di non far entrare nessuno: «non voglio che mi vedano così». Domani parto, vado in giro a esami. Mica tanta voglia.
Ecco quello che volevo dire la settimana scorsa e poi mi sono dimenticato: mi rendo conto delle partenze sempre con un secondo di ritardo. O un minuto, un'ora, o anche un giorno intero. Credo che sia una forma di autismo, lo stesso che mi fa ricordare le scarpe che indossano le persone e certe equazioni differenziali. Al momento del saluto non mi rendo conto di quello che sta accadendo, anzi: non capisco tutto l'agitarsi degli altri. Poi la mancanza mi lavora ai fianchi di sorpresa. A pordenone mi hanno detto che questo diario sta diventando ermetico, o incomprensibile. Per chiarire, direi che posso riassumere la mia vita di settembre con queste parole: l'animale che mi porto dentro non mi fa vivere felice mai, mi prende tutto, anche il caffè , eccetera. Il fatto è che, per quanto tutto vada bene, qualcosa continua a stuzzicarmi lo stomaco, ad annodarmi il fiato. Sono sempre stanco, ma non è una novità. Non sono solo le partenze a scompensarmi (AP è a barcellona, M a milano
Vivo in un mondo popolato da zanzare invadenti, venditori idioti e amici con problemi al culo. Non lo faccio apposta. Calamito invasioni della sfera intima o anche solo personale. Mi orbitano attorno satelliti di sgradevolezza, asteroidi emorroidali che la mia atmosfera non riesce a disgregare prima che mi craterizzino. Q, rappresentante di una nota ditta di telefonia il cui nome camufferò infallibilmente per evitare ripercussioni, telefona alle otto di mattina per accertarsi che ci sia qualcuno in casa. Sbando, mezzo assonnato, verso il telefono, in mutande, tastando il corridoio. Mia madre mi passa il ricevitore con il microfono rivolto verso l'alto, in modo da farsi sentire bene, dice: «E' per te: quickweb , anzi, no, meglio: è earlyweb ». «Mi scusi se ho svegliato sua madre.», dice Q. «No», rispondo, «mia madre è sveglia dalle sei, lei ha svegliato me». Evito, per pura sonnolenza, di concludere con un eccheccazzo ... Q si prensenta infallibilie alle nove: giacca e pantaloni
No no no no, che palle, no. No. Che palle. No. No, no, no, nooo. No. Che palle. Oh, che palle. Oh. Oh. Oh, che palle. No. Che palle. Oh no. Oh che palle. Oh. Palle. Che oh. Che no. Che che. Palle. Palle. No. Palle. Che. Uuuuuuh. Uuuuuuuh. No. No. No. Che palle. Nooooo. Uuuuuuh. No. Uuuuuuh. No. Eh. No. Che. No. No! NO! NOOO! Chee. Chi? Cosa? Eh. Eh. Eh. Uh. Ih. Eh. Uh. Oh. Che palle. Uh. Eh. Oh. No. No. no no no no. nonononono. no. Ecco. No. No. Forse. Mah. Mah. Iiiiiiiiiiiiiiiiiiii. Ih. Ih! A-E-I-O-U. Oh. Che palle. Che palle. Che palle. Che palle che palle. No. Uf. No. Che. Palle. No. P-che-alle. Ah. Pa-che-lle. C-palle-he. Eh. Uuuuuuuh. Iiiiiiih. Ecco. No. No. Ecco. No. No. no. no nononononononononono. No. Ecco. Uh. Oh. Ecco. No. Ecco. Giusto. No. Ecco. No. Ecco. No. No, ecco. No. No.
Teoria della letteratura - Tu l'hai capito cos'è il decostruzionismo? - Ma sì; è come la casa delle libertà: ognuno interpreta un po' come cazzo gli pare.
E poi si incendiano le locomotive. Sarà lo Spirito del Tempo. I freni si surriscaldano, si diffonde in aria un odore di plastica bruciata, e un fumo scuro sale seguendo il vento, allargandosi a ventaglio. E' notte. La locomotiva fuma sul binario cinque. Devi stare attento col blog, mi dice K. al telefono, Devi stare attento a tutte le puttanate che scrivi. Come... hai presente la rosa purpurea del cairo ? A furia di scrivere puttanate, le puttanate si ribellano, invadono la realtà, escono dal blog. Anche questa storia della locomotiva... a chi vuoi che accada? A chi vuoi che capiti che una locomotiva si incendi, bloccandoti in stazione per un'ora? Attento al blog, stai attento!" Una ragazza si sporge dal finestrino di un treno fermo Ehi controllore! dice, Ehi! Ma adesso che non ci muoviamo, ci pagate i taxi? Ci mettete sui taxi e ci fate andare dove dobbiamo andare?" Il controllore ha il cappello da controllore calcato sulla fronte, sfoglia l'orario per verificare
- Da quando ci conosciamo - mi dice G. - mi accadono le cose più strane, gli incontri più bizzarri, come se all'improvviso fossi passata in una dimensione parallela, più grottesca, dove non valgono le normali leggi sociali del mondo in cui vivevo prima. - - Cosa intendi? - chiedo - Fammi qualche esempio concreto. - Siamo stesi in prato della valle, sotto un albero. Abbiamo appena pranzato. - Be' come l'altro giorno, no? Che ho incontrato i mercenari in treno... - - Quali mercenari? - - Sì, dai, te l'ho raccontato, quei tipi schifosi, ciccioni, a petto nudo, che bevevano birra e fumavano nel vagone... Gli mancava solo il kalashnikov... - - Ok, mi ricordo, e poi? - - Stamattina in autobus, un tipo mi ha rimproverato perchè tossivo. Mi ha detto di smetterla di tossire, che lo disturbavo. Ma tossiva anche lui. Poi mi ha proposto un cammello. - - Un cammello? - - Sì - mi fa - Mi ha detto che mi dava un cammello se la smettevo di tossire - - In autobus, un uomo ti h
Mio padre con un bastone verde in mano, il manico di una scopa senza spazzola. La luce dietro di noi, a destra, non illumina il balcone a sufficienza: vado a prendere una torcia elettrica. Anche la torcia è verde. L'acero è alto circa un metro, a partire dal vaso. Ha un tronco sottile, tre centimentri di diametro. "Era qua, lo giuro", dico indicando con la torcia un ramo davanti a me, "una cavalletta enorme. Quindici centimetri, saranno stati. Quindici centimetri di cavalletta." Allargo l'indice e il pollice. Mio padre si muove attorno al tronco, a passi laterali, incrociando le caviglie. Muove i rami con la punta del bastone, mentre io illumino l'altra parte dell'albero. "Eccone una", dice. Con un colpo secco la fa cadere su una foglia della pianta sottostante. Una foglia larga. Si china. Appoggia la mano libera sotto la foglia, all'altezza della cavalletta. Prende la mira col bastone. "Cosa fai? La uccidi?" Mi guarda, come r
Riassunto delle puntate assenti. Un quasi trentenne - diciamo - parassitario (in molti sensi) vive segregato in casa. Non per vocazione. Così: senza nessun motivo plausibile. Non proprio segregato. Ogni tanto esce. Un giorno di Agosto, il trentenne decide di andare in banca per cambiare un assegno. Prende il walkman, prende un libro per passare il tempo nell'eventuale coda, intasca il telefono. Esce. Appena chiude la porta, si rende conto di essersi dimenticato le chiavi. Non solo le chiavi: anche l'assegno. E i soldi. Allora manda messaggi in giro, si siede sul marciapiede, aspetta che qualcuno lo salvi. Fuori è caldissimo. Intanto legge un libro sul Trystero. Non chiedetemi cos'è il Trystero. Ha a che vedere con la posta. Questo è quanto. Comunque poi alla fine arriva il padre del quasi trentenne che lo fa rientrare. Nel frattempo un piccione si intrufola in casa attraverso una finestra aperta. Ho scritto nel frattempo, ma il piccione entra in casa settimane dopo. Il
- Ma scusa, che asilo facevi? - Il Bertacchi. - Ma non abitavi davanti alle suore? - Non mi volevano. - Perchè? - Non sono battezzato... - Aaaah... Ma lo sai che ogni cattolico può battezzare un non battezzato? - No, non lo sapevo. - Sì sì. Sai cosa? Potrei battezzarti durante il sonno. - No. - Non sarebbe fantastico? Tu dormi, poi quando ti svegli sei battezzato. Senza saperlo - Non ci provare. - Potrei aveti già battezzato. - Sai che esiste un'associazione che sbattezza? - Non ci si può sbattezzare. - Oh, se si può... - Comunque pensa che potresti essere già battezzato e non saperlo, pensa che roba. - Non sono battezzato, e non provare a battezzarmi. - Ma sarebbe per il tuo bene! Mi sa tanto che lo farò. Mi sa che stasera ti battezzo. Ti battezzooo! - Se ti becco a trafficare con dell'acqua... - Dài! Lasciamelo fare, adesso che mi sei anche simpatico... - Non so se sia peggio il battesimo notturno o il fatto che adesso ti sono simpatico... - ... comun
La luce delle lucciole impazzite colava sullo schermo dove il dottor Miles correva insieme a Becky Driscoll per sfuggire ai bacelloni. Intanto il burro sulle pentole cercava in tutti i modi di solidificarsi, senza riuscirci, nonostante la concentrazione. La frutta che contro ogni elementare legge di conservazione avevo messo in freezer prima di partire si stava squagliando, sgocciolando, da qualche parte in casa. Le piante prive di acqua sembravano sciolte nell'accartocciarsi, riarse. E io mi chiedevo se tutto questo avesse a che fare con me, o se fosse un normale procedere del disfacimento della realtà, come in uno dei più orrendi quadri di Dalì.
1. Leggevo questo, più o meno, quando il treno si è fermato in mezzo al nulla, tra padova e venezia: Se questo in particolare è vero, il piacere procurato dalla letteratura ha una utilità ben più durevole per gli uomini che non le scappatoie infide dei lapsus, le difese penose del sintomo e gli appagamenti allucinatori del sogno ...; seduto su un sedile azzurro - o forse verde - cercavo di decifrare il senso delle lettere che fluttuavano senza connettersi, stanco ma stanchissimo. Qual era il nucleo? Il centro molle del discorso? Perchè all'improvviso questo terrore degli aerei? o il rifiuto della concentrazione? Mi sfuggiva l'orizzonte, il margine, il punto di fuga di una prospettiva sballata, quasi da racconto di Lovecraft. Mi aspettavo che uomini dalla testa di pesce arrivassero nei corridoi del regionale, coi loro riti malsani, nel tentativo di evocare un dio conchiglia pieno di tentacoli: un dio ustionatore, acido, incorporeo, che lasciasse cicatrici sugli organi inte
Fottiti, dico al cielo, fottiti e vaffanculo e fottiti, merda di cielo, e fottetevi, dico alle nuvole, alle gocce che mi sommergono, fottetevi, affanculo, merda di pioggia, cesso di tempo del cesso, schifo di temporale che ribadisci le partenze coi cataclismi. E il cielo si apre, le nuvole si aprono, e le gocce continuano a scendere mentre delle voci del cazzo dal cielo mi dicono Ma se ti abbiamo anche risparmiato la grandine ... Fottetevi voci del cazzo, fottetevi, fottetevi, dico pendalando sotto la pioggia, fottetevi, cazzo merda figa, fottetevi... Ti abbiamo anche avvertito coi lampi dice il cielo aperto ti abbiamo avvertito con la foschia, o credevi che fosse solo il caldo? Non avrai mica creduto a quella storia del caldo che genera lampi, vero? Fttttvffttvffculofft, dico tra i denti. Cerco di non lasciare scivolare l'impermeabile verdino (un sacchetto della spazzatura col cappuccio): Ftttvffftttvfffculo! Tengo il cappuccio tra i denti, il sapore della plastica si mischia a
Passo le mie giornate anche a controllare gli aerei che mi volano sopra la testa, pensando non è ancora caduto, non è ancora caduto, non è ancora caduto, non è ancora caduto , fino a quando non escono dal campo visivo oppure qualcuno mi chiede cosa cazzo sto facendo. L'esorcismo non regge sempre, sogno aerei che si avvitano in fiamme e io, nel sogno, dico, indicando il cielo, placido, E' così che mi immagino la morte. Alcuni amici mi propongono farmaci omeopatici che provocano la dissociazione, oppure di ubriacarmi prima di salire. Da ubriaco credo che potrei fare più danni di un motore in avaria: rovesciare sedili, cercare di scendere in corsa, fare lo sgambetto alle hostess, scandire dal microfono del pilota la frase buonasera signori, moriremo tutti... . Con Marco, al mare, si discuteva delle persone alle quali non si apre il paracadute: fino a quando sono coscienti? E cosa pensano quando scoprono che l'ultima cordicella d'emergenza non ha funzionato? Elaboravamo uno
- Sì, allora, qualche tua mania. - Be' per esempio mi lavo i denti spesso. - No. Sul serio? - Sì... be' sì. - Anch'io! Tipo quattro o cinque volte al giorno. - No! Stai scherzando? - No no, non sto scherzando. E poi magari ti lavi i denti quando sei concentrata, o preoccupata, per pensare meglio. - Sì! E' vero! - E cammini per la casa con lo spazzolino in mano, magari ti metti anche alla finestra. - Sì! E' così! Ma anche tu... - Aspetta: e poi quando vai in giro per le case degli altri devi assolutamente assaggiare il loro dentifricio per vedere che gusto ha... - ... - ... - No. - ... - ... - ... non è che io lo faccio. No... l'ho solo sentito... no, è... no scusa, perchè ti sei allontanata?
UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Poi, sulla strada del ritorno, dalla stazione a casa, lungo la pista ciclabile dove una sera una donna corpulenta su una graziella rosa - non so se hai presente quei circhi in cui fanno girare l'orso con un fez in testa su una bicicletta dalle ruote microscopiche: stesso effetto - mi urlò di tutto perché camminavo nella sua corsia e io non potei fare a meno di risponderle di stare attenta, perché se continuava ad arrabbiarsi così, presto avrebbe avuto un infarto (frase di cui, dopo una breve esaltazione, mi sono pentito immediatamente, tanto da rallentare il passo per non doverla di nuovo incrociare al semaforo rosso dal quale mi sbirciava di sottecchi, forse digrignando i denti), pensavo a quando idiota e deficiente io fossi, e di come avremmo dovuto cercare un modo di non-salutarci che fosse più stupido, meno traumatico, magari inscenando una piccola vicenda comica nella quale tu scendi dal treno per verificare che non deragli - perchè prima hai sentito uno strano rumore - io ti
Allora, le anime morte?, mi dice il professore seduto dall'altra parte del tavolo. Con l'indice e il pollice si arriccia il sopracciglio destro: Parliamo delle anime morte, dice. Il romanzo? Il romanzo di Gogol? Valà - fa lui, sporgendosi - le anime morte , parliamo delle anime che muoiono: hai presente l'anima? hai presente la morte? L'anima - dico - quello che diciamo l'anima non è che una fitta di rimorso . Le citazioni non ti salveranno, risponde lui, sorridendo, e si alza. Mi dà le spalle, le mani dietro la schiena. Guarda fuori da una finestra buia che prima non avevo notato. Non credo all'anima, dico, non credo che esista un'anima separata dal corpo, non credo, quindi, alle anime morte. Allora affermi che l'anima è immortale, ribadisce. Non mi sembra di aver detto questo. Allora, dice dopo essersi girato, forse dopo morti ci si trasforma in foglie ! Non lo so - dico - forse. Mi sudano le mani, dico. C'è un postino da queste parti? chiedo, Ho b
Ma tu, a un trentaduenne rasato a zero, alto una spanna più di te, col pizzo; che indossa una camicia azzurra, senza maniche, sfrangiata, aperta sul petto fino al terzo bottone; a un tipo così, che insegna greco in un liceo calabrese e parla con un forte accento marchigiano; uno che ti ha appena detto che sei strano perché giri svagato per il prato dove si festeggia il matrimonio (ma non uno svagato-triste, uno svagato-sereno, senza pensieri); a questo tipo che ti guarda da una sedia di plastica bianca, nella penombra della pista, e che prima di chiederti di che segno sei, mentre tu sei perso nel solito tentativo di dimostrare a te stesso che tutto ciò che pensi sia sbagliato o al più la solita fantasia senza fondamenta, ti domanda se sei felice, tu, a una domanda così - sei felice, alessandro? - tu, che cosa balbetti?
La settimana è stata questa (scusate il disordine): una cravatta rossa, mezz'ora in piscina, una camicia uscita direttamente da un video dei darkness, una questione di trisillabi, roma no, l'ansia del curriculum, non esistono pullman per berlino, un treno che brucia, questo è il famoso maldura, il bar più afoso di padova (con transessuale annesso), la granita infinita, l'autoscatto che aspetto, il mare dal treno, un caffè freddo senza un euro, i documentari di pasolini, il prosciutto grosso, un braccialetto marrone, un corpetto rosso color insolazione, una prigione sottoterra, via della bora, il parco più caldo del mondo, il messaggio che aspettavo, una lastra del cervello, la cuffia della laureata, il bicchiere vuoto, una settimana più giovane, i primi problemi in classe, magari ho sbagliato giorno, un cartone che stava per arrivare, una battuta infelice, le carambar, voglio solo scaccolarmi, una non-rissa da matrimonio, un'agitazione tremenda, le rime chiare di cui no
I sintomi (di cosa?) sono questi: maledizioni agli dèi déi satelliti, formulazione di presagi senza senso che non si avverano mai. Eh.
Il demente che è in me sta prendendo il sopravvento. Si risveglia nei momenti più importuni, mi fa dire frasi idiote passandole per necessarie, scardina il vacillante senso di sicurezza che da poco mi ero costruito. Ondeggio, rimugino, ripenso; mi intontisco sui particolari - sempre gli stessi - mi ripeto parola per parola brandelli di conversazioni nel tentativo di parare, nel futuro prossimo, l'idiozia dilagante. Ma l'idiozia... be': dilaga. La psicosi inizia alle sei e mezza del mattino, quando, svegliandomi di colpo, mi chiedo se ho lasciato fuori la bici di mia madre. E se non l'ho fatto - se cioè ho messo la bici in garage - com'è che non lo ricordo, mentre ricordo perfettamente il prima e il dopo, senza buchi temporali? Mi rigiro e giro tra le lenzuola arancioni. Non posso essere così mona da aver lasciato fuori una bici senza lucchetto. Ma forse sono così mona da pensare di non essere così mona da aver lasciato fuori la bici. Ma non posso essere così mona
Se possibile, il vento - oltre ad alzare i fogli di tutte le stanze trasportandoli per i corridoi e poi in balcone, sulle piante - ha spazzato via l'umidità e la concentrazione. Ieri pomeriggio ero convinto di essere nel 2006. Sono sempre più distratto. I greci della casa di fronte hanno riesumato le bandiere per attaccarle al balcone, accanto alla parabola. Greek Pride : noncuranti lo stereotipo, hanno ballato il sirtaki tutta la notte, bevendo l'ouzo destinato ai matrimoni. Poi, uno di loro, quello che mi saluta solo quando deve chiedermi un favore, per la felicità ha pattugliato padova in cerca di biciclette da rubare. Ieri sbirciavo in libreria le guide per berlino, scandalizzato perchè erano del 2003, al più del 2004. Nel mio sfasamento temporale non riuscivo a capire per quale motivo negli ultimi due anni nessuno più avesse pubblicato guide turistiche di nessun posto . "Ti sei seduta di nuovo sui libri", dice la madre alla figlia, lì accanto a me. Le tira una sm
Con Rachele il sabato mattina Rachele : ?corridore? Ale : madame! quanto tempo! R : finalmente! ti avrò lasciato 32057414857,6 messaggi mentre tu non c'eri!! A : non me ne arrivato nemmeno uno, pensa R : ma non ci credo A : giuro, giuro! altrimenti ti avrei risposto A : cosa mi dicevi? R : ti dicevo: R : aleeee R : iuuuhuhhh bollicina di acqua lete R : corridoreee R : e te non rispondevi mai. anzi ti disconnettevi con aria di sufficienza. R : e la bici? A : rubata, cazzo R : ma per davvero? non era una finzione letteraria eh?! A : no, no, ziomaiale, tutto vero, ma tutto tutto R : anche tua madre e la radio!!??? A : soprattutto mia madre e la radio. R : e adesso? quale futuro per ale? ti butti nella corsa? A : cercherò una bici usata- intanto uso quella di mia madre, oppure vado a piedi. R : quella di tua madre tipo rossa con il cestino e talmente piccola che quando pedali le ginocchia ti si infilano ritmicamente in bocca? A : te ne ho già parlato
E' arrivato il monsone delle cinque. Ha spazzato via i volantini elettorali che ancora si annidavano ai bordi delle strade, nelle canalette, o tra le crepe dell'asfalto, nei buchi dei marciapiedi. Le facce dei candidati - una mano sul mento, lo sguardo luccicoso - si sono sciolte e diluite tra i sampietrini. Lo squalo antistress che tengo vicino al monitor ha la coda mozzata, un'espressione feroce tra le branchie. Mi dice che ho bevuto troppo, questa settimana, ma non abbastanza forse, se, ancora, come sempre, non sono in grado di. Scrivo accanto a una culla messa sghemba: mio nipote pesa più di me, parla più di me (anche lui emette gli stessi suoni incomposti), mangia più di me, alle volte tossisce, di notte urla. Io, di notte, sono ossessionato dai rumori: il filo di ferro che batte il tempo nello split, la ventola aspirafumo del locale di sotto, il bip aritimico di qualche elettrodomestico in cucina, la grandine che picchia sulle pietre in piazza. Ho delle occhiaie ch
Paragrafi in ordine casuale #2 Ma zio maiale, porca schifa, morte, putrefazione, minchia merda orrenda - questo è più o meno il mio pensiero nel momento in cui, osservando la colonna alla quale avevo l'avevo appoggiata, mi rendo conto che veramente la mia bicicletta non è diventata invisibile come l'aereo invisibile di Wonder Woman, ma è stata proprio rubata, sottratta, saccheggiata, carpita, rapita, accaparrata; insomma inculata, scomparsa, sparita, fottuta, inchiappettata, tarmata, ciavata , eccetera. Papino , che è lì con me - sono circa le due di notte, forse le tre, non so, ho bevuto troppa birra, il mio sguardo è offuscato al centro, vedo bene solo ai margini - Papino mi guarda, imperturbabile come solo lui sa essere, mi dice: Scusa, ma mi viene da ridere. - Mi hanno rubato la bici - dico al telefono. - Oooooooooooooo noooooooooooooooo - risponde il telefono - Noooooooo. Ma dove? - - In via san Francesco - dico - Ieri notte. - - Mi dispiaaaace - risponde il
Eppure correre non mi dispiace, anche se dopo cinque minuti, ai lati del campo visivo, mi si affastellano màcchiole grigie, sempre più grandi, e la caviglia cigola - la destra. Martedì sera ho perso le chiavi sugli autoscontri, forse quando Criscia è sobbalzata fuori dalla macchina e me ne sono reso conto con un ritardo un po' troppo lungo, continuando a premere sull'acceleratore e trascinandola così per qualche metro col culo sulla pista - con una gamba e una mano si teneva avvinghiata al bordo del veicolo - oppure quando, sbattendo contro Starsky & Hutch , il mio naso ha ricevuto la sua nuca in pieno. Fatto sta che sono rimasto chiuso fuori tutta la notte, per demenza soprattutto, per non essermi reso conto in tempo dell'accaduto, e per non essere tornato indietro, se non più tardi, alle due del mattino, quando ormai tutto era chiuso e le giostre deserte - un vento freddo alzava le carte dalle strade e le bottiglie di plastica da mezzo litro - e io bussavo timido al
La prima volta non è stata colpa mia. Adriana se ne era uscita di casa chiudendo una serratura di cui non avevo la chiave. Tentai di recuperarla con un espediente che avevo letto nei fumetti. Infilai un foglio di carta sotto la soglia, feci cadere la chiave sul foglio, lo tirai et voilà . Ma la soglia della porta era troppo sottile, la chiave si incastrò, senza passare. Andai a dormire da mia sorella, che abitava ancora in città. La seconda volta ho lasciato le chiavi sulla toppa e sono andato a una laurea. Rimasi fuori dal portone fino alle sette di mattina, suonando il campanello nel tentativo di svegliare mia madre che dorme coi tappi nelle orecchie. Me la ricordo con precisione, perchè quella mattina, sulle sei - era più o meno estate - arrivarono due uomini a tacchinare manifesti sul muro di fronte a casa mia. Erano manifesti della Lega che dicevano: "L'oceano pacifico è grande ma forte, come la Padania". La terza volta, due giorni fa. Ma la racconto un'a
La nuova donna delle pulizie è una signora enorme che proviene dal Perù. Suo figlio, invece, è un pidocchietto striminzito non più grande del mignolo del piede della madre. Alla domanda quanti anni hai alza una manciata di dita e dice due. Mia madre me lo porta in camera per mostrargli il computer. Spengo campo minato e free cell più velocemente possibile. Pretendo di star lavorando. Non posso badare al nano - dico più o meno - sono concentrato. Il nano è un nano bellissimo . Questo - penso - a due anni ha più successo con le donne di me adesso. Figurati tra venti. Ci guardiamo con diffidenza. Lui indica il monitor, un punto a caso; dice: voglio giocare a quello. Lo prendo in braccio, lo faccio sedere sul ginocchio e gli chiedo di nuovo a cosa vuole giocare. Si sporge con tutto il corpo e lascia una bella impronta digitale sul monitor, in un punto in cui non c'è nulla: questo, dice. Ok allora: apro il Mah-Jong. Ho solo questo, gli dico, ma non so giocare. Io sì, dice lui. Be'
Guarda che sono un drago - dice mia madre apparendo nel vano della porta con uno scatto laterale, quasi una scivolata sul pavimento del corridoio - Un drago, hai capito? - io ruoto millimetricamente il collo per guardarla attraverso gli spigoli degli occhiali, un po' a fuoco un po' no, penso : sì, come no , mentre lei appoggia la mano sullo stipite di legno - Ho fatto un test di intelligenza, dallo psicologo. Ho sbagliato cinque domande su cento, quindi stai attento, che sono un drago - e come un ninja scompare in una nuvola di fumo. Non starò qui a spiegare come mia madre sia finita da uno psicologo; non è il caso, casomai rassicuro che non è niente, niente di preoccupante, anche se è preoccupante che non ci sia andata prima, forse, per motivi più reali di quelli per cui c'è andata adesso - ma questa è la personalissima opinione di chi scrive e che tanto pensa che uno psichiatra farebbe bene pure a lui, così, en-passant . Dopo due minuti di corsa sull'argine il fi
Ad esempio ho cominciato a correre lungo gli argini del piovego, attraverso nubi di polline dei pioppi, seguìto dagli occhi sospettosi di cani zoppi o con le gambe troppo corte e dai loro padroni altrettanto menomati - roba da freaks, praticamente: nani da giadino, uomini con due teste, giganti che portano a spasso cani striminziti, fratelli siamesi attaccati per la schiena che cercano di correre ma non si spostano se non, a mo' di granchio, di lato e cose così - evento astrologico, millenario e millenaristico, da tempesta di sabbia, inaudito, inaudibile, visto che per anni ho considerato la corsa come un fenomeno da dementi, o, più che altro, da autistici dello sport, al pari della palestra, quasi a livello della demenza più assoluta, il golf - la perversione travestita da esercizio fisico - preferendo piuttosto sfiancanti camminate di ore, battendo a tappeto ogni angolo della città, nell'idea che il camminare fosse più a misura d'uomo che il correre. Più umano insomma, e
Così, in definitiva, mi dico che la mia inerzia - la mia inerzia umana, mentale, sentimentale, sessuale etc. - è semplicemente un sottoprodotto della mia inerzia fisica, del mio completo e totale rilassamento, di questo senso di fluttuazione che mi circonda e che mi dice, ogniqualvolta io tenti una qualsiasi mossa, mi dice: "ma che fai?", "ma dove vai?", "tanto è inutile", "ma che ti agiti?", "ma torna aqquà" - essendo aqquà il divano o il letto o la vasca da bagno o il pavimento o qualsiasi altra superficie orizzontale (tavolo, scaffale della libreria, marciapiede, etc.), o con pendenza pressocchè nulla. Questo stato oblomoviano - che si autoalimenta e mi rende facile preda delle mire di espansione del divano (il quale divano ho scoperto avere piani ben precisi su come dovrebbe essere il reale assetto gerarchico della casa) - è la vera fonte della mia immobilità, mi dico convinto, convicendomi. (continua, questa volta sì)
Squadrò il cameriere come se gli avesse fatto un affronto e rispose: - No, I don't eat bresaola.
Il segno dell'imminente sfaldamento è svegliarsi con in mente, senza nessun motivo, una canzone dei crash test dummies.
Il dentista mi ha iniettato dieci litri di anestesia, ho mezza faccia bloccata, mi sento il fantasma dell'opera. Con calma rimetterò tutto in ordine, forse.
Esco allo scatenarsi del temporale delle tre. No, anzi. Mi butto a letto, con gli occhiali in mano, il viso sul cuscino perchè si imprimano le pieghe della federa. Ho lo stomaco ribaltato da ieri; sento la demenza del mondo che preme per impossessarsi di alcuni snodi mentali strategici. Ci vuole un approccio scientifico: elaboro un esperimento psichico. Diciamo da lunedì scorso ho continui sogni soft-porno. Ho il sospetto che il mio inconscio stia tentando - sottilmente - di dirmi qualcosa. Cosa , non saprei. Penso intensamente alla protagonista femminile del mio sogno di oggi. Mica per altro - è che era particolarmente interessante. Mi concentro. Per sicurezza punto le dita sulla fronte e chiudo gli occhi. Ecco. Poi esco. Giro per il centro. Non le solite strade. Non apro l'ombrello. Mi guardo attorno. Penso alla Polonia, non so perchè. Canto: I've got you under my skin. Penso che dovrei scrivere un paio di mail. Esprimo, con tutto il mio camminare, un certo
Da due giorni l'odore delle melanzane ai ferri ha invaso la cucina, si è insinuato tra i mobili, sbuca dai cassetti aperti. La casa è sotto l'attacco dei martelli pneumatici e trapani con punte lunghe un metro. Il rumore ha brevi pause interlocutorie (si sente bisbigliare nei buchi provocati dal silenzio) riprende quando pensi che tutto sia finito. Mia madre si stupisce di come il gelsomino rifiorisca ad ogni primavera; mi avverte sempre con sorpresa ai segni della prima fioritura. Ma sulle scale scricchiola il linoleum, nessuno ha pulito le macerie dei muri - i mattoni a vista incrinati e sparsi sul pianerottolo - e il vento ha punteggiato il fiume di foglie e polvere gialla. Non si riflette nulla sull'acqua se non ombre monocrome. A volte penso che ti sto semplicemente aspettando.
La lobby dei postini ha abbandonato sullo zerbino tre messaggi minatorii scritti sul retro di fotografie di cassette postali. Dicono di comprarne una, di cassetta, che sono stufi di dover suonare il campanello ogni mattina, col rischio di non trovare nessuno in casa. Se non lo faremo, la prossima volta qualcuno di noi si sveglierà con il manubrio decapitato di un motorino nel letto. Mi prendono strane nausee ultimamente. Nei momenti più impensati lo stomaco mi si attorciglia, si strizza e dondola, coinvolgendo i vicini di torace. Allora sto zitto e aspetto che passi. In quei momenti il mio campo visivo si restringe; ai margini compaiono degli aloni bianchi, istantanei; mi sembra di vedere cose che non ci sono. Ieri pomeriggio, per circa un quarto d'ora, ero sicuro che ci fosse un'anatra davanti a me. - Io a manifestare per dei mercenari non ci vado. Ho già manifestato contro la guerra, ho appeso anche la bandiera. Se quelli di Forza Italia pensano che sia il caso di organ
Sono perseguitato dai martelli pneumatici e dal malessere della telefonia mobile. (oltre che da tutto il resto, naturalmente)
- Allora sei pronto? - Cosa? Per cosa? - Il concerto. Stasera c'è il concerto. - Che concerto? - Dai, quello di Mat. Il concerto metal. - Uh? - Ti passo a prendere alle undici, mettiti la maglietta. - La maglietta... - La maglietta metal: ricordati la maglietta! Spengo campo minato - rinuncio all'idea di rimanere a casa a battere il record - le mie serate recentemente non sono proprio il massimo - riesumo da un cassetto la maglietta metal - considero la possibilità di scappare - c'ho quasi trent'anni perdio! - indosso la maglietta - mostro le corna allo specchio - scuoto su e giù la testa, veloce - ... coi capelli corti non fa lo stesso effetto... Zona industriale, undici e un quarto. Tra i capannoni, il Country Star. Dici: Country ... e il metal? Già: benvenuto nel regno della sincronia. Ai lati dell'ingresso sono disegnati due cavalli. Entriamo. Poster di film western alle pareti. Murales di cowboy in pieno malboro country. Odore di brusìn.
Bella primavera del cazzo. - Oh, ma sai che è pieno di film porno in tv? - Ma scusa: guardi la televisione mentre sei al telefono con me? - No, no... cambio solo i canali... - Ah be', allora... stavo dicendo... - Sì... - Ma mi ascolti? - ... - Smettila di seguire il film porno. - Cosa? - Smettila di seguire il film porno! - Non sto guardando un porno. - Sì, tu stai guardando un porno, si sente. - No, ti sbagli, non sto guardando un porno. Stavi dicendo? - Dicevo che... no, non mi stai ascoltando, smettila... - Ti dico che non sto seguendo un porno! - ... - Giuro! Non ne sto seguendo uno. - Ne stai seguendo due. - ... - ... - Ok, spengo la televisione. Dicevi? - Non hai spento la televisione - Sì, che l'ho spenta. - E cosa sono quei gemiti che sento? - Sono i vicini. - Non hai vicini in quella parte della casa. - ... C'è la finestra aperta. - Spegni la televisione. - Ma adesso c'è una scena dove lei è su un tavolino e lui... - Spegni. -
Il primo pensiero è: coglionedeficiente. Il secondo pensiero è: coglione o deficiente? Il terzo: coglione E deficiente, mona. Il quarto: coglione, deficiente o mona? o magari: coglione deficiente, oh mona (vocativo)? Il quinto: coglione E deficiente E mona, cretino. Così via, così via.
- Pronto? Parlo con Alessandro L.? - Sì, chi parla? È pieno di gente, il cinema. Pieno di teste che coprono lo schermo. Davanti a te un tipo biondo, capelli rasati, sposta il peso da una chiappa all'altra, ritmicamente, ogni dieci minuti. Sposta il peso e - prot !- scoreggia. Piccole scoreggie che non si noterebbero, se solo non le facesse nei momenti silenziosi del film e se talvolta le zaffate solforiche dei suoi miasmi tossici non ti circondassero -prot!- stagnando attorno a te. I suoi vicini di posto sembrano non accorgersi di nulla. Evidentemente il vento spira solo verso il retro della sala. Oppure sono solo molto (molto) educati. - Scusa? ma hai problemi di fegato? - gli chiedi all'uscita. - No. Ma tu, chi sei? - dice. - Magari è lo stomaco, allora - dici - conosco un buon gastroenterologo, sai? È mio cugino... Se vuoi ti dò il numero... - - Ci conosciamo? - (prot) - Ti ho sentito! - - Cosa? - (prot prot) - Ti ho sentito! Stai scureggiando! Ragazzi! Sta scu