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Visualizzazione dei post da 2006
Da dove cominciare? Giovanna si è laureata, con la sua tesi gialla come un limone su uno scrittore vicentino, qualche settimana fa. Quella sera, mentre lei rimaneva lucida, io bevevo troppi mojito. Nel tentativo di smaltire ho percorso a piedi tutto il quartiere cinese - che cinese non è - girando per strade vuote e buie, ai margini della ferrovia, dietro case popolari rimesse a nuovo. Il mio stomaco aveva iniziato a raccontarmi di quella volta che aveva incontrato Hemingway, a Parigi, negli anni venti, e di come non si separassero mai, tanto che negli ambienti artistici avevano iniziato a chiamarli Hem&Estomac. Diceva che avevano scritto dei racconti assieme, e che una volta avevano addirittura risolto un caso di omicidio. La baronessa Foiegras era stata strozzata con una collana di perle il giorno del suo compleanno, e... ma è una storia troppo lunga. I giorni successivi sono stati veloci e caldi. Un matrimonio, la notte bianca, un battesimo, un convegno interuniversitario, i mon
Ho flettuto e riflettuto, ho aperto word e ho chiuso word, e mi sono seduto e mi sono rialzato, ho girellato per casa e fuori casa, ho sudato e strasudato in posti che non pensavo potessero sudare e, come al solito , ho deciso che non ho voglia di continuare . Non che ci fosse più molto da dire. Quella stessa sera siamo stati presi di mira da due vecchi, alla festa di rifondazione. Il primo era zoppo. Si faceva aiutare dalla moglie, ma tra di loro non si parlavano. Una volta seduti, lei si è messa a mangiare una piadina, lui si è avvicinato per raccontarci che, ai suoi tempi, i morosi si sgraffiavano e si morsegavano , si davano pedae , invece adesso si dicono Yess . Yess , si dicono, hai capito? La moglie ha finito la piadina con calma, poi si è alzata per trascinarlo via. Lui continuava a dirci, indicandola con colpetti di testa, di non sposare le donne furlane, che sono dure, dure, come la carne piena di nervi. Il secondo si chiamava Narciso, e ci ha raccontato tutta la vita a pa
Si scoperchiano le soffitte! Usciamo dagli sgabuzzini un po' acciaccati. L'inverno ci ha rattrappito i gomiti e le ginocchia. Soffiamo via la polvere dalle giunture e flettiamo le gambe verso la piazza, anticipati da un refolo di scartoffie. Tutti davanti alla partita. E' un sabato fantasmatico, in centro; sarebbe anche silenzioso, non fosse per quel gruppo di americani al bar che guarda la televisione e si sommuove ad ogni avvenimento; o i suonatori di strada che intonano, con fisarmoniche e trombe, gli inni nazionali ad ogni gol - neanche fossimo in un film di kusturica. Ho un matto personale che mi punta quando mi vede passeggiare. Non ne parlerò oggi, perché è da un po' che non lo incontro. Quando mi incrocia, mi chiama Ignazio, oppure Francesco, certi giorni IganzioDaLoyola, una volta Porco!, mentre pedalavo verso casa con Giovanna. Sabato, in piazza, si avvicina una signora vestita di rosso. Avrà circa cinquant'anni. Mi chiama per cognome, con una pro
Si fa presto a dire i congressi: i congressi, uh!, si fa presto a dire; ma a me i congressi mi stracciano le palle, mi sfracassano i coglioni, mi lacerano gli intestini facendo sobbollire tutti i liquami che normalmente se ne stanno quieti e stabili in fondo alla pancia. Erano quei giorni che non se ne vedevano da anni, tanto erano limpidi - e nessuna foschia, neanche il baluginare del caldo sulla strada (il miraggio che fa ondeggiare lo sguardo) e un vento di quelli che sbatte dolcemente le porte. Ma no. Io e Giovanna ci avviamo dentro un'aula mezza buia, mezza vuota, intuendo che vibriamo a una frequenza tutta diversa rispetto agli altri - forse è un leggero sfasamento nell'ambizione, o magari solo la birra kaiser e il panino con la porchetta - fatto sta che già dopo mezz'ora facciamo traballare le sedie, accavalliamo le gambe sbuffando a voce alta, e la nostra pietà si azzera di colpo. Sarà questo a innervosirci? Il tempo misurato e letto? I toni delle voci che tradiscon
Ritornano le nuvole e il maltempo. Sono passati solo pochi anni dall'estate più calda del secolo. Non ho mai visto così tanti ventenni parlare di metereologia. E' l'anticiclone delle azzorre che si restringe, la temperatura media dell'Europa che cala. Risparmieremo i soldi dell'aria condizionata. La pioggia di giugno annacqua le birre, fa saltare gli amplificatori sui palchi. Tutta questa umidità rende gommoso il pane dei panini e più dure le ossa della porchetta. E' iniziata, è iniziata la stagione dei concerti! Giovanna ha consegnato la tesi, con una copertina giallo limone. Ora si addormenta dove capita. Con un bicchiere di sambuca stretto in pugno la troviamo rannicchiata in mezzo al più frastornante baccano degli Yo la tengo . Oppure in piscina: nuota senza occhialetti, esce con gli occhi rossi rossi a spaventare bambini e importunatori. Mi dice che ci non vuole più andare, durante la settimana, nella piscina all'aperto; ci vanno i disperati, gente che
Sulla scala della gran guardia, aspettiamo il funerale. Arriverà in piazza tra poco, ci hanno detto. I bar sono a lutto. Espongono casse da morto nere in vetrina, accendono lumini rossi sui marciapiedi. In piazza, i lumini formano un piccolo corridoio. Più che altro sembra la pista d'atterraggio di un aereoporto. Le bare verranno deposte là. Una accanto all'altra. La piazza è semi vuota, ma la gente arriverà col corteo, ci diciamo. Non ci posso credere che siamo qui ad aspettare, dice A*, ma sul serio stiamo aspettando il funerale? Non ci posso credere! Oggi si celebra la morte dello spritz ! I baristi del centro protestano contro il sindaco che li obbliga a chiudere a mezzanotte. Cosa mangiamo stasera? Pizza? Kebab? Un paio di gazebo raccolgono le firme; dell'evento ne parlerà anche il Times . I baristi hanno speso soldi: si sono stampati dei manifesti mortuari, il più bello dice: sì al divertimento in centro, no alle stragi del sabato sera. Sei proprio un borghese, mi dic
In una settimana (sabato incluso; inclusa domenica, alle otto e mezza del mattino), hanno lavorato in casa mia: i pittori, gli elettricisti, i falegnami, i muratori, manovali, camionisti, sartine, gasisti, informatici, tecnici generici, tappezzieri, postini, giardinieri, stuntmen, giocolieri, infermieri, disegnatori, arredatori... Così arrivo a Venezia con la testa svagata, il pensiero di aver sbagliato qualche passaggio. Che ci faccio qui? Non è il caso, alle volte, di rifiutarsi? Non sono in forma, mi nascono pensieri strampalati che non riesco a elaborare bene. Sento soprattutto una stanchezza agli occhi che coinvolge tutto il resto; ho l'impressione di essere impreparato a tutto. Devo studiare, penso. Devo studiare di più. Memorizzare. Ripetere. A pranzo, il Commu mi dice che non riesce a scrivere perché ci vuole tempo. Due giorni dopo - ho i riflessi più veloci di un rettile - mi viene in mente che anch'io, anch'io non riesco a concentrarmi sullo studio: ci vuole tem
Mi aggiravo per la peggio pioggia di maggio in bicicletta e pensavo, pieno di sonno, ai complotti. Lontano, in un palazzo circondato da acquitrini, il Consiglio Centrale progettava la conquista. Il Colonnello Seccoz ronzava attorno a un tavolo di fòrmica; nella prima zampetta destra teneva un plico di fogli. L'Attendente Koblikoz, mentre stendeva il verbale, sorseggiava un cocktail in cui aveva versato cinque gocce di sangue; ed erano solo le dieci del mattino. Il Generale Plasmaz mostrava un grafico che riassumeva l'andamento dell'Operazione. Parlava di Zone di ronzamento, Tecnica della deprivazione del sonno, Resistenza all'insetticida, Guerriglia dal Soffitto. Da anni aspettavano l'arrivo della Grande Ciabatta, nel frattempo accumulavano neonati d'allevamento, accuditi da zanzare nutrici. Nelle notti d'estate, enormi sciami di zanzare si aggiravano per la città, entravano dalle finestre aperte, rapivano i bambini. Certe sere, dai balconi, potevi vedere pe
Sono tornati i pittori . In una settimana hanno sconvolto la casa, ribaltato le sedie, aperto scalette e cavalletti, divelto finestre, spostato vasi di fiori nel cuore delle camere e le veneziane nella vasca da bagno. Si sono impossessati degli spazi; hanno coperto i mobili con teli chiazzati di vernice, hanno creato nuove isole informi al centro del salotto. Girano con scarpe da ginnastica bianche, trasportando finestre attraverso i corridoi. Hanno una grazia tutta loro, un po' brusca ma efficace. Se si rompe qualcosa - uno spigolo in un muro, una scheggia in un'architrave - appaiono dal nulla gli dei dello stucco, delle puntine e della colla. Arrivano alle sette e mezza del mattino, bevono birra alle cinque del pomeriggio, sono contenti se hanno delle donne attorno, piallano, verniciano, vanno a sottomarina per le vacanze, i loro figli sono architetti e informatici, le loro mogli hanno la sciatica e un principio di bronchite. Parlano continuamente, nel bel mezzo fischiettano
Il maldigola mi ha svegliato stanotte, o è stato l'odore del sambuco sul cavalcavia? Lo attraversavo in bicicletta, senza sapere della febbre che al mattino mi avrebbe gelato le ossa. T*, davanti al ristorante cinese, sotto le lanterne a mandarino, mi aveva spiegato come impaginare in Photoshop, ma il marsala - eh, i vini liquorosi stendono le loro dita su di te quando meno te l'aspetti - il marsala aveva conservato le mie cellule cerebrali, le aveva protette dall'abuso, proiettando, piuttosto che parole, esplosioni chimiche, asteroidi in collisione, meduse dai colori del petrolio sull'acqua. A proposito di meduse, ne avrei una imbarazzante. La scena me l'hanno raccontata, tacerò il nome dei protagonisti. Giovanna... oddìo, ho detto Giovanna? Intendevo Y. Y ha un relatore Z che è amico di famiglia di X che tra l'altro è il ragazzo di Y. Dopo essere stata da Z, Y va da X con un sorriso. Un sorriso di quelli che dicono: io so. Un sorriso che ride dentro, e ri
Alla fine del film , Giovanna dice: ok, bello, ma non esistono morose così. Lei non se ne accorge, ma intanto uno spilungone si avvicina e mi siede accanto. È circa alto tre metri. Se fossimo inquadrati da una telecamera, si vedrebbero le spalle e il collo, ma non la testa. No, è anche ideologicamente sbagliato, dice Giovanna, uno fa l'agente segreto, rischia la vita ogni secondo, non lo dice alla morosa e poi? Cosa succede quando glielo dice? Le faccio un gesto, cerco di indicarle il mio vicino. Lui intanto ha messo le mani sulle cosce e sta zitto. Indossa dei pantaloni di tela blu, una camicia a righe gialle, scarpe gialle. Non che mi dispiaccia del tutto eh? continua lei, Già mi vedevo che si lamentava e si lamentava e dovevamo sorbirci mezz'ora di melensaggini, ma è diseducativo! Vuoi che non si preoccupi mai? O che non gli rompa le palle perché non le ha rivelato di fare l'agente segreto? Eh? Giovanna? dico, Devo presentarti... No, dice lei, non esist
Diventiamo competitivi quando si unisce a noi il bambino Teo. Un tipo magro, diciamo sui sette anni, con due incisivi grandi come il sudamerica. Gli diamo in mano una boccia gialla, gli facciamo vedere la linea nella sabbia dalla quale lanciare, indichiamo il boccino sommerso tra le dune. Mentre perde, gli enumeriamo i privilegi della sconfitta. Facciamo gli ottimisti, in rima: non ti preoccupare! il risultato può cambiare! vedrai! magari vincerai! Attorno, l'odore della carne alla griglia. Siamo infiltrati tra infiltrati. Abbiamo un amico che conosce un amico che conosce un amico di chi fa la festa. Infiltrati di quarto grado, quindi. Tra le sterpaglie, dietro la spiaggia libera, hanno costruito un gazebo bianco. Si sente a tratti il generatore che va e che viene. Quando va, il dj propone colonne sonore di film italiani degli anni sessanta. Cazzo, come in quelli di Alberto Sordi? Oh, be', direi di sì. E ci sono anche gli aquiloni. Due: uno vola bene, l'altro tenta inutilme
Il gatto ha visto tutto, dice Giovanna infilandosi un calzino. Chi? Il gatto, guarda, dice, e con la punta dell'altro piede, quello nudo, mi indica sotto la madia dove brillano due occhi verdi, spalancati. Ma ha sempre avuto gli occhi grandi così? chiedo. No, dice lei, no, di solito li ha più socchiusi, è sempre un po' mezzo addormentato. Il gatto ci fissa, acciambellato su uno straccio Allora - mentre Giovanna è in bagno e mi chiede se secondo me l'abbiamo traumatizzato, e che cosa penserà di noi, se riuscirà più a dormire, come interpreterà i fatti, cosa avrà capito, cosa dobbiamo fare, perché poi queste cose rimangono impresse, invadono l'immaginario - io, accucciato accanto alla madia, lo guardo negli occhi e gli chiedo cosa ha visto. Lui dice miao, ma è come di sasso, rigido, non è il solito miao, è un miao più perplesso, un po' trattenuto. Non è quello che pensi, gli dico, probabilmente non hai gli strumenti adatti per capire che... Miao, mi interrompe lui. Ca
Arriva un'ora di notte in cui sento i rumori. Non i soliti scricchiolii, ma colpi forti come uno spostamento dei mobili. Allora prendo in mano il cellulare, come fosse la mia arma di difesa, mi aggiro accendendo le luci, controllo dalle finestre, striscio sotto il tavolo, apro gli armadi, sposto i vestiti, mi ci intrufolo in mezzo, ascolto, mi chiudo dentro, respiro l'antitarme. Non hanno ancora pulito la chiazza di sangue sulle scale. Io certo non lo farò. Tra l'altro mi attira. Di chi è? Dopo la festa, sabato, verso le cinque, M* vede una chiazza rossa per terra. Stanno andando verso la macchina. «Qualcuno ha rovesciato del vino», dice. E' ancora buio, ma gli strani uccelli mestrini hanno già cominciato a cantare. Ce n'è uno che sembra campionato col computer. «No», dice T*, «non vedi? I tannini sono diversi, è sangue». «Sangue?» dice D*, «a quest'ora? a Mestre?» «Facciamo la prova», dice P*. Con la bottiglia in mano barcolla verso la chiazza, ci versa accanto
Da qualche giorno c'è una chiazza di sangue sul quarto gradino delle scale di casa. Non riesco a non guardarlo quando rientro. Nessuno la pulisce. Il dermatologo mi dice di seguirlo. Il suo studio è condiviso da tre medici. Sposta un pannello, mi spinge in uno spazio buio. Mi guarda. Con le dita sembra leggermi la fronte in braille. L'alito gli puzza un po' e ha un'aria da malato, uno che lavora troppo, la moglie l'ha lasciato e mangia solo pizzette surgelate, scaldandole sempre troppo poco. Me lo vedo al tavolo della cucina, da solo, con poca luce, mangiare pizzette dal cuore gelato, leggendo l'Almanacco del Dermatologo. Poi: Verruche , sentenzia, verruche piane . Sento da trenta chilometri la voce di Giovanna tintinnare qualcosa come Te l'avevo detto io, dovevo studiare medicina altro che lettere . Nel giro di un secondo, il dermatologo mi passa la ricetta di una crema dal nome impronunciabile. Se hai qualche domanda , dice senza mollare la ricetta, cerca
Alla finestra, con la tazza del caffè tra le mani, sono sicuro di dimenticarmi qualcosa. Che primavera del cazzo. Piove, fa freddo. Fuori il verde sembra meno verde, il grigio più grigio. Che cosa? Dove? Qualcosa mi sfugge. Ieri avevo detto a mia madre che il giornale l'avrei comprato io. Se ci siamo messi d'accordo che l'avrei preso io, significa che dovevo uscire. Ma se dovevo uscire dove dovevo andare? E perché? Che impegno avevo? Lascio perdere. E' un periodo così. La settimana scorsa ho perso il consiglio di dipartimento. Dimenticato, completamente. E poi appuntamenti, scadenze, lavori, promesse... Ho una specie di eczema che si propaga sulla fronte. Giovanna insiste perché vada a farmi vedere. Io non ho tanta voglia, aspetto che passi da solo. Intanto però, se mi gratto troppo, assomiglio a un personaggio di Star Trek, un qualche alieno con la fronte gommosa e arrossata. Me la prendo con calma. Pur non facendo nulla sono sicuro di avere un debito di sonno. Mi scop
Etcetera ... sono distratto, spesso incostante. Non ascolto chi mi parla oppure ascolto due conversazioni contemporaneamente. Non mi concentro. Sono nervoso. Mi imbarazza guardare negli occhi la gente. Sembro sempre sul punto di andarmene. Ho l'aria di chi pensa sarebbe meglio essere da un'altra parte. Mi vergogna il contatto fisico. Faccio domande e non aspetto la risposta. Rispondo a domande non rivolte a me. Parlo in fretta. Mi esalto e mi deprimo con la stessa velocità. Vivo in uno stato di media insoddisfazione. Ho bisogno di continue conferme. Faccio domande a raffica perché mi agita il silenzio. Tratto tutti con distanza. Gioco male a scacchi. Mi stufo in fretta. Sono noioso. Ripeto più volte le stesse storie e sempre con le stesse parole. Mantengo dei giudizi stabili per più di dieci anni. Sono incline ai pregiudizi violenti. Non mi sfogo. Mi angosciano le pause al telefono. Ho sempre l'idea di dire cose poco interessanti in modi poco interessanti. Ho il sospetto ch
Vantaggi della partita iva - Adesso posso scaricare tutto quello che voglio. - Non lo facevi già con Emule?
Poi un giorno ti svegli nel mezzo della notte, perché ti sembra di avere qualcosa tra i denti. Scavalchi Giovanna che dorme al tuo fianco, cercando di non farti notare, ma infallibilmente lei ti chiede che fai. Niente, dici, vado in bagno. Apri la porta, procedi a tentoni nel corridoio, accendi la luce sopra lo specchio, perchè quell'altra aziona l'aspiratore - e conosciamo tutti l'effetto di certi rumori sui sogni successivi - e alla luce bianca, irreale ma allo stesso tempo crudele del neon hai la percezione precisa, netta, definitissima che lo spazio tra i tuoi incisivi superiori si stia allargando. E' una paranoia, pensi. Ma non lo dici a voce alta. Piuttosto prendi gli incisivi tra pollice e indice e stringi un po'. Lo spazio si restringe, dandoti la sicurezza che la posizione originaria fosse diversa. «Senti», dici a Giovanna, «guardami i denti». Accendi l' abat-jour , apri la bocca. «Non ti sembra che lo spazio tra i miei incisivi si stia allargando?» Lei
L'anno vecchio si è concluso con un incidente in bicicletta, la consegna dell'orrore e una battaglia di neve sopra i tetti padovani - le punte delle dita gelate, rosse, doloranti, dietro ai camini usati per riparo. Per quanto riguarda l'incidente: portavo Giovanna sul manubrio, dava le spalle alla strada - mattina presto, direzione biblioteca - quando all'ingresso della zona pedonale lei non era più sul manubrio, ma di schiena, sul cofano di una macchina ferma. Io invece cercavo di mantenere l'equilibrio. Lei si alza con una piroetta, tastandosi la testa, dicendo Non mi sono fatta niente; io balbetto, le giro in tondo con la bici che zoppica, Davvero non ti sei fatta niente? Davvero? Davvero? Dalla macchina, intanto, escono due individui dai lineamenti vampirici - alti, magri, calvi, orecchie a punta, abiti neri, incisivi acuminati - si sfregano le mani in sollucchero e, quando parlano, le esse sibilano in un risucchio voglioso. L'altro giorno mi sono svegliato