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Sono tornati i pittori. In una settimana hanno sconvolto la casa, ribaltato le sedie, aperto scalette e cavalletti, divelto finestre, spostato vasi di fiori nel cuore delle camere e le veneziane nella vasca da bagno. Si sono impossessati degli spazi; hanno coperto i mobili con teli chiazzati di vernice, hanno creato nuove isole informi al centro del salotto. Girano con scarpe da ginnastica bianche, trasportando finestre attraverso i corridoi. Hanno una grazia tutta loro, un po' brusca ma efficace. Se si rompe qualcosa - uno spigolo in un muro, una scheggia in un'architrave - appaiono dal nulla gli dei dello stucco, delle puntine e della colla. Arrivano alle sette e mezza del mattino, bevono birra alle cinque del pomeriggio, sono contenti se hanno delle donne attorno, piallano, verniciano, vanno a sottomarina per le vacanze, i loro figli sono architetti e informatici, le loro mogli hanno la sciatica e un principio di bronchite. Parlano continuamente, nel bel mezzo fischiettano.

Mi chiudo in camera, mi nascondo sotto i teli - aspetto che passi; poi di notte mi sveglio a snasare la vernice fresca.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale