Sono tornati i pittori. In una settimana hanno sconvolto la casa, ribaltato le sedie, aperto scalette e cavalletti, divelto finestre, spostato vasi di fiori nel cuore delle camere e le veneziane nella vasca da bagno. Si sono impossessati degli spazi; hanno coperto i mobili con teli chiazzati di vernice, hanno creato nuove isole informi al centro del salotto. Girano con scarpe da ginnastica bianche, trasportando finestre attraverso i corridoi. Hanno una grazia tutta loro, un po' brusca ma efficace. Se si rompe qualcosa - uno spigolo in un muro, una scheggia in un'architrave - appaiono dal nulla gli dei dello stucco, delle puntine e della colla. Arrivano alle sette e mezza del mattino, bevono birra alle cinque del pomeriggio, sono contenti se hanno delle donne attorno, piallano, verniciano, vanno a sottomarina per le vacanze, i loro figli sono architetti e informatici, le loro mogli hanno la sciatica e un principio di bronchite. Parlano continuamente, nel bel mezzo fischiettano.
Mi chiudo in camera, mi nascondo sotto i teli - aspetto che passi; poi di notte mi sveglio a snasare la vernice fresca.