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Visualizzazione dei post da aprile, 2006
Arriva un'ora di notte in cui sento i rumori. Non i soliti scricchiolii, ma colpi forti come uno spostamento dei mobili. Allora prendo in mano il cellulare, come fosse la mia arma di difesa, mi aggiro accendendo le luci, controllo dalle finestre, striscio sotto il tavolo, apro gli armadi, sposto i vestiti, mi ci intrufolo in mezzo, ascolto, mi chiudo dentro, respiro l'antitarme. Non hanno ancora pulito la chiazza di sangue sulle scale. Io certo non lo farò. Tra l'altro mi attira. Di chi è? Dopo la festa, sabato, verso le cinque, M* vede una chiazza rossa per terra. Stanno andando verso la macchina. «Qualcuno ha rovesciato del vino», dice. E' ancora buio, ma gli strani uccelli mestrini hanno già cominciato a cantare. Ce n'è uno che sembra campionato col computer. «No», dice T*, «non vedi? I tannini sono diversi, è sangue». «Sangue?» dice D*, «a quest'ora? a Mestre?» «Facciamo la prova», dice P*. Con la bottiglia in mano barcolla verso la chiazza, ci versa accanto
Da qualche giorno c'è una chiazza di sangue sul quarto gradino delle scale di casa. Non riesco a non guardarlo quando rientro. Nessuno la pulisce. Il dermatologo mi dice di seguirlo. Il suo studio è condiviso da tre medici. Sposta un pannello, mi spinge in uno spazio buio. Mi guarda. Con le dita sembra leggermi la fronte in braille. L'alito gli puzza un po' e ha un'aria da malato, uno che lavora troppo, la moglie l'ha lasciato e mangia solo pizzette surgelate, scaldandole sempre troppo poco. Me lo vedo al tavolo della cucina, da solo, con poca luce, mangiare pizzette dal cuore gelato, leggendo l'Almanacco del Dermatologo. Poi: Verruche , sentenzia, verruche piane . Sento da trenta chilometri la voce di Giovanna tintinnare qualcosa come Te l'avevo detto io, dovevo studiare medicina altro che lettere . Nel giro di un secondo, il dermatologo mi passa la ricetta di una crema dal nome impronunciabile. Se hai qualche domanda , dice senza mollare la ricetta, cerca
Alla finestra, con la tazza del caffè tra le mani, sono sicuro di dimenticarmi qualcosa. Che primavera del cazzo. Piove, fa freddo. Fuori il verde sembra meno verde, il grigio più grigio. Che cosa? Dove? Qualcosa mi sfugge. Ieri avevo detto a mia madre che il giornale l'avrei comprato io. Se ci siamo messi d'accordo che l'avrei preso io, significa che dovevo uscire. Ma se dovevo uscire dove dovevo andare? E perché? Che impegno avevo? Lascio perdere. E' un periodo così. La settimana scorsa ho perso il consiglio di dipartimento. Dimenticato, completamente. E poi appuntamenti, scadenze, lavori, promesse... Ho una specie di eczema che si propaga sulla fronte. Giovanna insiste perché vada a farmi vedere. Io non ho tanta voglia, aspetto che passi da solo. Intanto però, se mi gratto troppo, assomiglio a un personaggio di Star Trek, un qualche alieno con la fronte gommosa e arrossata. Me la prendo con calma. Pur non facendo nulla sono sicuro di avere un debito di sonno. Mi scop