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Da qualche giorno c'è una chiazza di sangue sul quarto gradino delle scale di casa. Non riesco a non guardarlo quando rientro. Nessuno la pulisce.

Il dermatologo mi dice di seguirlo. Il suo studio è condiviso da tre medici. Sposta un pannello, mi spinge in uno spazio buio. Mi guarda. Con le dita sembra leggermi la fronte in braille. L'alito gli puzza un po' e ha un'aria da malato, uno che lavora troppo, la moglie l'ha lasciato e mangia solo pizzette surgelate, scaldandole sempre troppo poco. Me lo vedo al tavolo della cucina, da solo, con poca luce, mangiare pizzette dal cuore gelato, leggendo l'Almanacco del Dermatologo. Poi: Verruche, sentenzia, verruche piane. Sento da trenta chilometri la voce di Giovanna tintinnare qualcosa come Te l'avevo detto io, dovevo studiare medicina altro che lettere. Nel giro di un secondo, il dermatologo mi passa la ricetta di una crema dal nome impronunciabile. Se hai qualche domanda, dice senza mollare la ricetta, cerca su Google. Si trova tutto, su Google, dice, sgranando gli occhi. Quando ero giovane non c'era Google, aggiunge, c'era Giuseppe. Annuisco, sento le verruche agitarsi. Io le verruche le immagino come minuscoli vermi sottopelle che alle volte spuntano in superficie. Non so perchè la penso così, visto che le verruche non hanno niente di vermiforme. Adesso Giuseppe è morto, dice il medico, senza lasciare la ricetta che ci tiene collegati, ma prima sapeva tutto. Un portento. Un vero portento. Lo tenevamo in una teca e lo facevamo uscire quando non capivamo qualcosa. Altro che Google.

A casa, mentre mi spalmo sulla fronte una crema che puzza di suoletta trovo questo con Google: «Le verruche piane sono escrescenze rotondeggianti o poligonali, piuttosto piccole, delle dimensioni di 1-5mm. La superficie e’ liscia o appena rugosa, di colorito roseo, marroncino. Ne sono colpiti soggetti di giovane e giovanissima eta’. Spesso si tratta di bambini che sono emotivamente tesi»

Bambini emotivamente tesi?

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale