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Visualizzazione dei post da maggio, 2003
Ore 1:30, davanti al cinema Astra. ale, Ale, Umbe , Gino, T. - Oh ale, è finito il mese mariano. - Eh, cazzo, non dirmelo. Metterò via il rosario. - Ma quella la conosco… Era una mia compagna delle medie. - Guardati, sembri una vittima del disagio giovanile - Disagio sì, giovanile… insomma - Oh, chi ha una sigaretta? - Ehi, ero innamorato di lei. - Porcaputtana, ma oggi è la giornata contro il fumo! Be’ ormai l’ho accesa. - Siamo rimasti sono noi e loro, andiamo a conoscerle? - Sì sì, era proprio lei. La mia compagna. Si è fatta magra. - E’ una silfide. - DottòrRu. non dica cazzate. Cos’è una silfide. - Ehi, qualcuno sa cos’è il linoleum? - Dicesi silfide: persona abitante dei boschi, longilinea. - Guarda che andiamo a controllare, eh? - La vedi quella bionda? Come dice Marco: io me la farei. - Chi mi dice cos’è il linoleum? - Prendi per il culo? - La conosco, sai? E’ un’amica di Mino. - Chi viene al festival celtico domani? - Sono quelle cose leghiste? - Be’ p
A un tratto ti sale il turbamento, l’inquietudine, la paranoia che non era prevedibile. Tutto ti prende, immotivato, un temporale che ti schianta le vene, ti squassa il cervello, ti strapazza i capelli. Tua madre alla finestra spruzza insetticida sul poggiolo. Dice che tiene lontano i piccioni. Intanto si concentrano le nubi, e tossisci all’odore dolciastro dell’insetticida che si diffonde nella stanza. Da tre giorni non guardi il telegiornale. Perso nel vortice che ti risucchia la mente, arranchi. Annaspi. Sulla confezione dell’insetticida si legge: Muhe i Komarci, Djelotvorna i sigurna formula. Dietro c’è scritto: Non vaporizzare su una fiamma o su un corpo incandescente. Non utilizzare in modo diverso da quello previsto. Utilizzare e conservare al riparo di qualsiasi fonte di calore o combustione. Non fumare . (Chi mai si fuma l’insetticida? Eh? Chi?)
- Non sono abbronzata? - Be’ sì, cazzo, sembri una carota. - Cioè? - Sei arancione. - Non sono arancione , sono marrone. - Non sei marrone. Sei arancione. - Ma che cazzo dici. Sono marrone. Passami una cicca. - Lo sai che non fumo. E sei arancione. - Guarda che sei proprio un padovano del cazzo. Voglio un chewing gum , va meglio così? E il mio è un fantastico colorito marrone. - Sì, arancione, tieni la tua cicca . - Sono marrone, smettila. - Sei arancione. Sei così arancione che se vai in giro nuda ti scambiano per un Hare Krishna.
Deve essere successo qualcosa, pensai, perché fuori dal garage era parcheggiata una macchina dei carabinieri. Un carabiniere era in piedi, di fronte al cancello elettronico del condominio. Alto, con dei baffi sottili, e grosso, fumava inclinando il viso verso l’alto. Sembrava trattenere tutto il fumo dentro di sé. Lo vedevo aspirare, ma mai soffiare fuori, né dalla bocca, né dal naso. Era notte, le due, due e un quarto: gruppi sparsi di ragazzi si muovevano in giro senza meta con bottiglie di birra in mano. Il carabiniere stava in silenzio. Quando il cancello, ronzando, si azionava per chiudersi – con i lampeggianti gialli che diffondevano il loro ritmo luminoso – lui alzava senza sforzo uno stivale e, con uno scatto del ginocchio, oscillava il piede davanti alla fotocellula. “Cosa è successo?”, gli chiesi. Lui mi osservò, sempre col viso inclinato in avanti; mi guardò dall’alto in basso, come per dirmi: non sono cazzi tuoi ; mi rispose: “Piccoli disguidi familiari.” Punto. Poi ruotò
Zoppico. Brancolo. E zoppico. E brancolo. Brancolo e zoppico. Ah be' ah be', dico. E zoppico. E brancolo. - Guarda, guarda qua - dice lei - Cosa? - Guarda. Non è bella? - Chi. - Lei, l'attrice. Guarda. - Be' sì. - Guarda! Guarda adesso! - Cosa? Il culo? - Sì! Guarda: il culo. - Be'. sì, bello. - No, non bello. Poetico. Signori: mia madre.
Ti svegli crudele ed efficiente, con una sottile disperazione incastrata tra la lingua e l’epiglottide. Lapaola ti propone pillole al ginseng e guaranà energizzanti , dice. Ne prende una facendo finta di essere perplessa: dice: Mah , dopo averla presa. Ma lo fa con l’enfasi di chi vuole convincerti che non ci crede. Mah , sbotta di nuovo, posandoti la confezione davanti agli occhi, accanto alla tazza del caffè. Tu (ne prendi una): Lo sai che il ginseng è uno stimolante sessuale. Lapaola: Sì, ma sono palle. Tu (sorpreso): Ah sì? Lapaola: L’ho comprato per anni a tuo padre. Tu: Meglio così. Lapaola: Perchè? Tu: Mah. Tutte ‘ste energie sessuali. Poi uno non sa dove sfogarle. Lapaola: No? Tu: No. Il nuotatore torna a casa nuotando. Scavalca staccionate, nuota nelle piscine, saluta i vicini che lo guardano increduli. A piedi nudi, attraversa un’autostrada che gli taglia il percorso. “Lì, a piedi scalzi tra le immondizie dell’autostrada, tra lattine di birra, stracci e
Sono facilmente impressionabile. Ero a Mosca. Ma non era Mosca. Era una specie di isola vulcanica. Mi trovavo in cima al vulcano e seguivo una strada larga che portava in basso, verso il mare - ma non c'era il mare. La strada si arrotolava sui declivi del monte. Era piena di ragazzi in gita scolastica. Pensavo: Però che belle gite che fanno adesso; quando facevo io le gite mica mi mandavano a Mosca. Per non perdersi, i ragazzi si tenevano per mano in lunghe file. Per distinguersi, classe da classe, erano tutti colorati di vernice, dai capelli alle scarpe. File gialle, blu, arancio, verdi. Gialle con un quadrato blu sulla testa. Verdi e rosse. Alla fine della strada c'era una piazza lastricata di lastroni piccoli, grigi e lisci. Nella piazza c'era un bagno, costruito in legno. Nel bagno c'erano due uomini: uno alto, con la barba e un cappello cilindrico di panno; l'altro non me lo ricordo. Quello alto mi prendeva in giro. Più che prendermi in giro mi insultava pro
Pollini del cazzo. Lo so che sembro monomaniaco. Ma i pollini stanno creando problemi di ordine pubblico. Ci sono incendi in tutta la città. Giuro: era scritto sul Mattino di oggi. Sembra di muoversi in un pulviscolo di pelucchi densissimo: i pollini si intrufolano nelle orecchie, tra i capelli, tra le dita dei piedi, tra le mutande, nelle narici, sotto le palpebre degli occhi. Alle cinque del pomeriggio, ale e Ale: - Quanti cazzo di pollini del cazzo ci sono in giro? - E’ colpa della SARS. Io, così tanti pollini, me li ricordo solo nel ‘94. Per andare a scuola passavo davanti all’obitorio, una via piena di pioppi. I pollini li associo a quella strada e a un manifesto di Berlusconi, una cosa gigantesca, che era comparso davanti all’obitorio da qualche tempo. Io non so perché: i pollini mi fanno venire in mente chissà quali disgrazie. Nel pomeriggio. Davanti al computer. Silenzio. Finestra aperta. Sto registrando un disco di Rino Gaetano. A un certo punto, proprio mentre fin
Padova è coperta dal polline dei pioppi. Tutto il centro è invaso da orde di persone dagli occhi rossi che starnutiscono a tempo. Un passo, uno starnuto. Un altro passo, una soffiata di naso. Scena 1 Int. giorno, ppp>>Scena madre al Webbit>>10 Maggio 2003 Non immaginavi che fosse un pazzo furioso A un certo punto siete fianco a fianco. Decidi che è da stupidi non presentarsi. - Scusa, sei S ? - Sì - Ciao. – dici e gli dai la mano – Sono Ale. Lui: 1. spalanca gli occhi; 2. fa un passo indietro; 3. apre la bocca; 4. manda un urlo; 5. lancia un ululato; 6. corre via, lontano da te. E’ velocissimo. Rimani solo. Tutto è successo così improvviso che il tuo sguardo è rimasto fisso in avanti: ti sembra di poter distinguere la sagoma di S, come nei cartoni animati. Il tuo braccio è in avanti, sembra che tu stia stringendo la mano a un fantasma. Ti guardi attorno. Fischietti. Dopo Mentre andate via, senza pagare il coperto (ehm…) noti che t
A un tratto suona il campanello. Sono le sette di sera. Mi alzo e vado a rispondere. Prima che io risponda, il campanello suona di nuovo. - Chi è? - Apri. – dice la voce di un uomo. Arriva mia madre. Dice: “Chi è?”. Dico: “Un tipo.” Dice: “Che vuole?”. Dico: “Vuole che apra.” Dice: “Ma chi è?” Dico: “Mah.” - Sì – dico - ma chi è? - Sono Giorgio. “Allora?” chiede mia madre. “E’ Giorgio.” dico. “E chi è Giorgio?” “Mah.” - Che vuoi, Giorgio? - Apri - dice. - Perché? - Voglio la tua donna. “Che vuole?” “Vuole la mia donna” “Ah.” “Eh.” - Niente da fare, Giorgio - dico - Dài – dice – per una sera sola. “Cosa dice?” “Dice che gli basta una sera sola.” “Neanche troppo esigente.” “Già.” - Ciao Giorgio. – abbasso il ricevitore.
stai dormendo... non proprio dormendo... sei abbastanza cosciente da riconoscere tua madre nella stanza... no, non stai sognando... è pomeriggio... camera tua collega il corridoio alla cucina... certe volte per fare più in fretta la gente (diciamola tutta: tua madre, tua sorella, altri familiari) passa da te... fanno finta di camminare di là per caso... fanno finta di cercare libri... di doverti chiedere qualcosa... di avere cose da dirti... tua madre ti dice, mentre sei disteso a letto, pancia sul materasso, bavetta inconsapevole, mandibola bloccata dalla posizione più scomoda che tu potessi trovare, ti dice... "ah volevo dirti, lo sai? la moglie di Thorn è ricomparsa a Portofino..." ti dice mentre passa da corridoio a cucina... "ah, bene" ... poi nel pomeriggio, si aggira per il corridoio, mentre tu al computer schedi libri... "ma che fai?"... "vado in bagno"... "è l'ottava volta..."... " controllo la tavoletta del cesso.
Sei in pieno trip da SigurRoss! Attento! (SigurRoss: già il nome, senti come suona così islandesamente minaccioso!) Primo maggio 2003. Mattina. In giro con tua nonna. Nella tasca della giacca trovi: una busta monouso di maionese, una busta monouso di ketcup, un tappo di sughero, una busta monouso di aceto balsamico. Nello zaino trovi: un portasalviette rosso, pieno di salviette. Nel taschino della giacca, quello in alto, sul petto, trovi, per caso, dopo mezz’ora, un’altra bustina monouso di maionese. Aperta. Vuota. Il terrore si impossessa di te. E la maionese? ti chiedi. Dov’è finita la maionese? Non hai il coraggio di infilare la mano nell’unica tasca che ti è rimasta da controllare. Dici: SigurRòss , come fosse un’imprecazione. Dici due volte: WhiteStripes pronunciando: uìte-strìpes , prima, uàit-stràips , poi. A quel punto tua nonna, guardandoti, fa un passo di lato, allontanandosi da te. Bisbiglia qualcosa all’orecchio di tua madre. Tua madre scuote la test