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Ti svegli crudele ed efficiente, con una sottile disperazione incastrata tra la lingua e l’epiglottide.

Lapaola ti propone pillole al ginseng e guaranà energizzanti, dice. Ne prende una facendo finta di essere perplessa: dice: Mah, dopo averla presa. Ma lo fa con l’enfasi di chi vuole convincerti che non ci crede. Mah, sbotta di nuovo, posandoti la confezione davanti agli occhi, accanto alla tazza del caffè.

Tu (ne prendi una): Lo sai che il ginseng è uno stimolante sessuale.
Lapaola: Sì, ma sono palle.
Tu (sorpreso): Ah sì?
Lapaola: L’ho comprato per anni a tuo padre.
Tu: Meglio così.
Lapaola: Perchè?
Tu: Mah. Tutte ‘ste energie sessuali. Poi uno non sa dove sfogarle.
Lapaola: No?
Tu: No.

Il nuotatore torna a casa nuotando. Scavalca staccionate, nuota nelle piscine, saluta i vicini che lo guardano increduli. A piedi nudi, attraversa un’autostrada che gli taglia il percorso. “Lì, a piedi scalzi tra le immondizie dell’autostrada, tra lattine di birra, stracci e pezzi di pneumatici scoppiati, esposto a ogni sorta di ridicolo, Ned era una figura patetica.”
John Cheever, Il nuotatore.


Alla fine si sbaracca; tu invece, che ti senti una merda fancazzista, ti siedi accanto a Marco, che, non si sa come, ne sa sempre una più di tutti. Marco ti si avvicina carbonesco, a un orecchio sussurra: hai fatto colpo. La tua prima reazione è di spavento. Tutte le ragazze più interessanti della serata sono già occupate. La seconda reazione: terrore. I tuoi sospetti sono fondati: Marco ti dice, ridendo, che hai fatto colpo sul Mostro. La terza: rassegnazione. La quarta: desolazione. Quinta: depressione. Poi: cattiveria, imbarazzo, riappacificazione, odio, ilarità. Senti lo sguardo del mostro puntellarti la schiena. Cerchi un motivo per non sentirti così detestabile. Cerchi di pensare: magari è un mostro simpatico. E invece pensi solo: dio, è orribile. Fantastichi sul mostro, ma non ci riesci. Ogni volta che ci provi, la sua faccia, il suo corpo vengono sostituiti da altra faccia, altro corpo.

A Milano, nel pomeriggio, ti senti lontano e adagiato. Il giardino del Leoncavallo è comodo; buona la birra; economica; il pomeriggio è tiepido e cosparso di fumettisti. T. compra una calamita da frigorifero da una tipa che vende piastrelle e pupazzi dalle bocche enormi. Le statue di Mirò, alla mattina, hanno titoli tipo: La signorina a dondolo; Uccello da richiamo inquartato; La notte stretta; L’uccello dal piumaggio rossastro annuncia l’apparizione della donna risplendente di bellezza.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale