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Padova è coperta dal polline dei pioppi. Tutto il centro è invaso da orde di persone dagli occhi rossi che starnutiscono a tempo. Un passo, uno starnuto. Un altro passo, una soffiata di naso.

Scena 1
Int. giorno, ppp>>Scena madre al Webbit>>10 Maggio 2003

Non immaginavi che fosse un pazzo furioso
A un certo punto siete fianco a fianco. Decidi che è da stupidi non presentarsi.
- Scusa, sei S?
- Sì
- Ciao. – dici e gli dai la mano – Sono Ale.

Lui:
1. spalanca gli occhi;
2. fa un passo indietro;
3. apre la bocca;
4. manda un urlo;
5. lancia un ululato;
6. corre via, lontano da te.
E’ velocissimo.

Rimani solo. Tutto è successo così improvviso che il tuo sguardo è rimasto fisso in avanti: ti sembra di poter distinguere la sagoma di S, come nei cartoni animati. Il tuo braccio è in avanti, sembra che tu stia stringendo la mano a un fantasma. Ti guardi attorno.
Fischietti.

Dopo
Mentre andate via, senza pagare il coperto (ehm…) noti che tutti indicano Embolo, il nano che non ce l’ha fatta a rimanere in incognito, e sussurrano ammirati: “oooh, ma è lui?”.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale