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Sono facilmente impressionabile.

Ero a Mosca. Ma non era Mosca. Era una specie di isola vulcanica. Mi trovavo in cima al vulcano e seguivo una strada larga che portava in basso, verso il mare - ma non c'era il mare. La strada si arrotolava sui declivi del monte. Era piena di ragazzi in gita scolastica. Pensavo: Però che belle gite che fanno adesso; quando facevo io le gite mica mi mandavano a Mosca. Per non perdersi, i ragazzi si tenevano per mano in lunghe file. Per distinguersi, classe da classe, erano tutti colorati di vernice, dai capelli alle scarpe. File gialle, blu, arancio, verdi. Gialle con un quadrato blu sulla testa. Verdi e rosse. Alla fine della strada c'era una piazza lastricata di lastroni piccoli, grigi e lisci. Nella piazza c'era un bagno, costruito in legno. Nel bagno c'erano due uomini: uno alto, con la barba e un cappello cilindrico di panno; l'altro non me lo ricordo. Quello alto mi prendeva in giro. Più che prendermi in giro mi insultava proprio. Ma io (ha ha) non me ne accorgevo, pensavo scherzasse, ridevo.
Allontanandomi verso il mare - che non c'era - però, ho capito tutto...

A un certo punto ho ricevuto una telefonata per Franco.
-Franco!
-Eh?- rispondo, con la voce impastata
-Franco!
-Franco?
-Ah, gò sbajà numero.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale