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A un tratto suona il campanello. Sono le sette di sera. Mi alzo e vado a rispondere. Prima che io risponda, il campanello suona di nuovo.

- Chi è?
- Apri. – dice la voce di un uomo.

Arriva mia madre. Dice: “Chi è?”. Dico: “Un tipo.” Dice: “Che vuole?”. Dico: “Vuole che apra.” Dice: “Ma chi è?” Dico: “Mah.”

- Sì – dico - ma chi è?
- Sono Giorgio.

“Allora?” chiede mia madre. “E’ Giorgio.” dico. “E chi è Giorgio?” “Mah.”

- Che vuoi, Giorgio?
- Apri - dice.
- Perché?
- Voglio la tua donna.

“Che vuole?” “Vuole la mia donna” “Ah.” “Eh.”

- Niente da fare, Giorgio - dico
- Dài – dice – per una sera sola.

“Cosa dice?” “Dice che gli basta una sera sola.” “Neanche troppo esigente.” “Già.”

- Ciao Giorgio. – abbasso il ricevitore.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale