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Visualizzazione dei post da luglio, 2004
- Sì, allora, qualche tua mania. - Be' per esempio mi lavo i denti spesso. - No. Sul serio? - Sì... be' sì. - Anch'io! Tipo quattro o cinque volte al giorno. - No! Stai scherzando? - No no, non sto scherzando. E poi magari ti lavi i denti quando sei concentrata, o preoccupata, per pensare meglio. - Sì! E' vero! - E cammini per la casa con lo spazzolino in mano, magari ti metti anche alla finestra. - Sì! E' così! Ma anche tu... - Aspetta: e poi quando vai in giro per le case degli altri devi assolutamente assaggiare il loro dentifricio per vedere che gusto ha... - ... - ... - No. - ... - ... - ... non è che io lo faccio. No... l'ho solo sentito... no, è... no scusa, perchè ti sei allontanata?
UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Poi, sulla strada del ritorno, dalla stazione a casa, lungo la pista ciclabile dove una sera una donna corpulenta su una graziella rosa - non so se hai presente quei circhi in cui fanno girare l'orso con un fez in testa su una bicicletta dalle ruote microscopiche: stesso effetto - mi urlò di tutto perché camminavo nella sua corsia e io non potei fare a meno di risponderle di stare attenta, perché se continuava ad arrabbiarsi così, presto avrebbe avuto un infarto (frase di cui, dopo una breve esaltazione, mi sono pentito immediatamente, tanto da rallentare il passo per non doverla di nuovo incrociare al semaforo rosso dal quale mi sbirciava di sottecchi, forse digrignando i denti), pensavo a quando idiota e deficiente io fossi, e di come avremmo dovuto cercare un modo di non-salutarci che fosse più stupido, meno traumatico, magari inscenando una piccola vicenda comica nella quale tu scendi dal treno per verificare che non deragli - perchè prima hai sentito uno strano rumore - io ti
Allora, le anime morte?, mi dice il professore seduto dall'altra parte del tavolo. Con l'indice e il pollice si arriccia il sopracciglio destro: Parliamo delle anime morte, dice. Il romanzo? Il romanzo di Gogol? Valà - fa lui, sporgendosi - le anime morte , parliamo delle anime che muoiono: hai presente l'anima? hai presente la morte? L'anima - dico - quello che diciamo l'anima non è che una fitta di rimorso . Le citazioni non ti salveranno, risponde lui, sorridendo, e si alza. Mi dà le spalle, le mani dietro la schiena. Guarda fuori da una finestra buia che prima non avevo notato. Non credo all'anima, dico, non credo che esista un'anima separata dal corpo, non credo, quindi, alle anime morte. Allora affermi che l'anima è immortale, ribadisce. Non mi sembra di aver detto questo. Allora, dice dopo essersi girato, forse dopo morti ci si trasforma in foglie ! Non lo so - dico - forse. Mi sudano le mani, dico. C'è un postino da queste parti? chiedo, Ho b
Ma tu, a un trentaduenne rasato a zero, alto una spanna più di te, col pizzo; che indossa una camicia azzurra, senza maniche, sfrangiata, aperta sul petto fino al terzo bottone; a un tipo così, che insegna greco in un liceo calabrese e parla con un forte accento marchigiano; uno che ti ha appena detto che sei strano perché giri svagato per il prato dove si festeggia il matrimonio (ma non uno svagato-triste, uno svagato-sereno, senza pensieri); a questo tipo che ti guarda da una sedia di plastica bianca, nella penombra della pista, e che prima di chiederti di che segno sei, mentre tu sei perso nel solito tentativo di dimostrare a te stesso che tutto ciò che pensi sia sbagliato o al più la solita fantasia senza fondamenta, ti domanda se sei felice, tu, a una domanda così - sei felice, alessandro? - tu, che cosa balbetti?
La settimana è stata questa (scusate il disordine): una cravatta rossa, mezz'ora in piscina, una camicia uscita direttamente da un video dei darkness, una questione di trisillabi, roma no, l'ansia del curriculum, non esistono pullman per berlino, un treno che brucia, questo è il famoso maldura, il bar più afoso di padova (con transessuale annesso), la granita infinita, l'autoscatto che aspetto, il mare dal treno, un caffè freddo senza un euro, i documentari di pasolini, il prosciutto grosso, un braccialetto marrone, un corpetto rosso color insolazione, una prigione sottoterra, via della bora, il parco più caldo del mondo, il messaggio che aspettavo, una lastra del cervello, la cuffia della laureata, il bicchiere vuoto, una settimana più giovane, i primi problemi in classe, magari ho sbagliato giorno, un cartone che stava per arrivare, una battuta infelice, le carambar, voglio solo scaccolarmi, una non-rissa da matrimonio, un'agitazione tremenda, le rime chiare di cui no
I sintomi (di cosa?) sono questi: maledizioni agli dèi déi satelliti, formulazione di presagi senza senso che non si avverano mai. Eh.
Il demente che è in me sta prendendo il sopravvento. Si risveglia nei momenti più importuni, mi fa dire frasi idiote passandole per necessarie, scardina il vacillante senso di sicurezza che da poco mi ero costruito. Ondeggio, rimugino, ripenso; mi intontisco sui particolari - sempre gli stessi - mi ripeto parola per parola brandelli di conversazioni nel tentativo di parare, nel futuro prossimo, l'idiozia dilagante. Ma l'idiozia... be': dilaga. La psicosi inizia alle sei e mezza del mattino, quando, svegliandomi di colpo, mi chiedo se ho lasciato fuori la bici di mia madre. E se non l'ho fatto - se cioè ho messo la bici in garage - com'è che non lo ricordo, mentre ricordo perfettamente il prima e il dopo, senza buchi temporali? Mi rigiro e giro tra le lenzuola arancioni. Non posso essere così mona da aver lasciato fuori una bici senza lucchetto. Ma forse sono così mona da pensare di non essere così mona da aver lasciato fuori la bici. Ma non posso essere così mona