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Poi, sulla strada del ritorno, dalla stazione a casa, lungo la pista ciclabile dove una sera una donna corpulenta su una graziella rosa - non so se hai presente quei circhi in cui fanno girare l'orso con un fez in testa su una bicicletta dalle ruote microscopiche: stesso effetto - mi urlò di tutto perché camminavo nella sua corsia e io non potei fare a meno di risponderle di stare attenta, perché se continuava ad arrabbiarsi così, presto avrebbe avuto un infarto (frase di cui, dopo una breve esaltazione, mi sono pentito immediatamente, tanto da rallentare il passo per non doverla di nuovo incrociare al semaforo rosso dal quale mi sbirciava di sottecchi, forse digrignando i denti), pensavo a quando idiota e deficiente io fossi, e di come avremmo dovuto cercare un modo di non-salutarci che fosse più stupido, meno traumatico, magari inscenando una piccola vicenda comica nella quale tu scendi dal treno per verificare che non deragli - perchè prima hai sentito uno strano rumore - io ti dico che intanto gli impedisco di partire, ma, invece di stare sulla porta, appoggio l'orecchio al pavimento del corridoio per controllare se il rumore c'è ancora, intanto il treno parte, tu fai una faccia strana dal binario, come per dire "ma come?" e io me la prendo con gli altri passeggeri che non mi hanno avvertito della partenza, cammino e dico frasi sul genere di "qui la gente si fa solo i cazzi propri!" oppure "nordest del cazzo...", gesticolo, sparpaglio i bagagli di tutti, poi a padova scendo e, camminando verso casa sulla pista ciclabile, invece di pensare, come al solito, di essere un perfetto mona, me la rido. Una cosa così.



(Sì, da domani la smetto con le frasi così lunghe)

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale