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Allora, le anime morte?, mi dice il professore seduto dall'altra parte del tavolo. Con l'indice e il pollice si arriccia il sopracciglio destro: Parliamo delle anime morte, dice. Il romanzo? Il romanzo di Gogol? Valà - fa lui, sporgendosi - le anime morte, parliamo delle anime che muoiono: hai presente l'anima? hai presente la morte? L'anima - dico - quello che diciamo l'anima non è che una fitta di rimorso. Le citazioni non ti salveranno, risponde lui, sorridendo, e si alza. Mi dà le spalle, le mani dietro la schiena. Guarda fuori da una finestra buia che prima non avevo notato. Non credo all'anima, dico, non credo che esista un'anima separata dal corpo, non credo, quindi, alle anime morte. Allora affermi che l'anima è immortale, ribadisce. Non mi sembra di aver detto questo. Allora, dice dopo essersi girato, forse dopo morti ci si trasforma in foglie! Non lo so - dico - forse. Mi sudano le mani, dico. C'è un postino da queste parti? chiedo, Ho bisogno di un postino. Non c'è nessun postino - dice, appoggiandsi al tavolo - guardati: sei una mosca. Mi mostra uno specchio nel quale si riflette il mio viso da mosca con tanto di proboscide a forma di tromba e occhi da mosca. Poi dalla tasca afferra una bomboletta e me la spruzza - Non ti preoccupare, è solo deodorante!, dice - ma io comincio a tossire per l'odore dolciastro, il rumore dello spray mi infastidisce, tossisco e tossisco fino a che...


... un po' di luce trapassa le tapparelle, mi prude la gola, tossisco ancora un po'. C'è un odore orrendo in camera e dal balcone si sente il fruscio di uno spray. L'insetticida quasi riesco a vederlo che da fuori entra in cucina, si assottiglia sotto lo stipite della porta, si intrufola tra i cardini, mi punta, vaporoso, mi circonda. Mi alzo, controllo l'orologio. In balcone c'è mia madre, due bombolette di insetticida, una per mano, come in un film di John Woo. E' chinata su una pianta. Indossa una vestaglia rossa. Spruzza le due bombolette contro il basilico, prima una, poi l'altra, infine assieme. Cosa fai? chiedo. Lei si gira: uccido un verme. Mamma, sono le sei e mezza. Sì, ma c'era un verme sul basilico, un verme verde. Ho capito, ma non... Guarda il basilico, com'è ridotto, tutto mangiato. Sì, ma... Non lo vedevo perché era verde come le foglie, ma adesso... Mamma, tutto l'insetticida passa in camera mia. Oh, scusa... adesso ho finito, guarda che roba. Mi mostra le foglie del basilico, tutte un po' mosce e come sgonfie.

Quel verme sa di basilico, dice.
Cos'è, l'hai assaggiato?
No, ma mangiava solo basilico, di cos'altro vuoi che sappia?

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o...
Se una notte d'inverno lo spazzolino elettrico di tuo figlio si anima di vita propra senza nessun apparente motivo e tu e tua moglie vi trovate in bagno, assonnati, per capire da dove proviene quella vibrazione e in quel momento, dallo scarico del lavandino un gorgoglio rauco esala una risata che richiama alla memoria una brutta storia mai del tutto chiusa, allora, ecco, forse qualcosa si sta agitando; ma non qui: di qua . So che non dovrei farlo.