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Visualizzazione dei post da novembre, 2003
Per quanto io sia sicuro che il kebab di ieri sera alle 11.00 abbia influito sulla qualità dei miei sogni, l’incubo che mi ha svegliato alle cinque di mattina e che prevedeva la morte per template, mi appare oggi come un chiaro messaggio dell’inconscio - più che un messaggio una minaccia, e cioè: smettila, smettila di fottermi . Ieri mattina non era brutto tempo, ma poi, nel primo pomeriggio, le nuvole hanno coperto tutto. Scorrevano, grigie, verso le Piazze senza che si potesse vedere uno squarcio, senza che apparisse in lontananza un confine che le delimitasse. Nuvole basse e continue che minacciavano burrasca. Impietosita dal mio post precedente, M. è venuta a cucinare per me a pranzo. Ha comprato le scaloppine. Ho sempre i riflessi lenti: sul momento non ho detto nulla, ma erano delle scaloppine fantascientifiche! meravigliose! sublimi! da sciogliere le ossa e l’apparato digerente! Mai mangiate scaloppine così buone! Dopo pranzo, in balcone, M. mi dice di aver incontrato
Ti scrivo dalla biblioteca in cui mi sono trasferito. Qui è pieno di cadaveri e di voci di cadaveri. TS mi osserva da cinque minuti, senza che io me ne renda conto. Vede che sto fissando il monitor senza toccare i tasti, ipnotizzato. Mi scuote una spalla e dice, accademico, “Pensa che non sarà finita. Ci saranno altri tre anni così!” Io sorrido a stento. Lo guardo come se fosse un pazzo. Lui ride e, mentre ride, pop! gli salta via un occhio sulla mia tastiera. “Altri tre anni!” ripete, senza accorgersi di niente. Mi batte con la mano aperta sulla scapola. Sorridendo pacatamente, faccio il gesto di buttarmi fuori dalla finestra. “Ah!”, fa lui, “Ah! Deja-vu !” “Eh?” TS alza l’indice della mando destra e dice: “L’hai già fatta, questa scenetta! Deja-vu ! Deja-vu !” Se ne va. Il suo occhio, intanto, si è squagliato sui miei tasti. Lo sai. Da quando è nato mio nipote, mia madre sta sempre da mia sorella- io, ogni sera, devo preparare da mangiare a mio padre che torna dal lavoro. Og
Verrà la morte e avrà gli occhi di un muratore marchigiano con un trapano calibro .44 nella fondina ascellare e pantaloni di velluto beige a zampa di elefante. Il punto di psicosi arriva, come al solito, a tradimento da dietro, nel momento in cui, alla tua destra, una ragazza che non ti sta ascoltando dice, seria e scocciata, madonnamia. In quel momento ti sembra che tutti ti guardino con occhio allibito; la tua coscienza fa un passo indietro, si mette ad ascoltare il tuo racconto e si imbarazza per te, contro di te. E mentre un secondo prima ti sentivi divertito ed esaltato, adesso sei incerto se continuare a parlare o zittirti di scatto. (Intanto ti si afflosciano le spalle, ti cadono i capelli, ti si ammolliscono le unghie delle mani.) - Cosa dobbiamo fare? - Prendi il tagliapizza - Questa rotella qui? - Sì, adesso incidigli la fronte, così. Segui la circonferenza. Ok. Premi un po’ di più. - E’ duro. - Spingi un po’ più forte. Bene. Adesso apri. Ok. Hai comprato la forma
Il semaforo. Accanto al semaforo - alla sinistra del semaforo - ci sono io. E il semaforo è rosso. Piove. Ho un ombrello. Accanto a me, alla mia sinistra, c’è una signora. Più bassa di me. Visti da dietro, siamo perfettamente in scala. Il semaforo, io, la signora. Anche la signora ha un ombrello. Infatti, piove. Mi sembra di averlo già detto. Suona il telefono. Rispondo. Dico: - Pronto? Risponde una donna: - Pronto? Chi parla? - No, mi scusi, chi parla? - Ho risposto io al telefono. - No, ho risposto io al telefono. Silenzio (tre secondi) - Ho risposto io al telefono. Chi parla? - Anche io ho risposto al telefono. Ma chi è lei? - No, chi è lei ? - Facciamo così. Lei adesso mette giù e così anch'io. - Ma come faccio a sapere che poi lei mette giù veramente? Silenzio (cinque secondi) - Scusi? - Io metto giù. Invece lei no e mi occupa il telefono. - Perché dovrei fare una cosa del genere? - E chi lo sa? Lei è un acher ? - Un che? - Un acher , quelli che
Quando ho detto a P. che mia sorella era incinta - sarà stato giugno, forse luglio - lui mi ha guardato come se fossi un deficiente, con le palpebre mezzo abbassate e un angolo della bocca (il sinistro) tirato indietro. Embé , mi ha detto, E allora? E’ di moda , mi ha detto. Non lo vedi che lo fanno tutti? Nell’appartamento di sopra hanno iniziato i lavori di restauro, io c’ho già le balle girate. Da due settimane sento l’esigenza di comprare delle schede. Schede di cartone 10X15, dove prendere appunti. La cartoleria in cui entro espone in vetrina un enorme tricolore afflosciato. Sul tricolore, un nastro nero di stoffa appoggiato a caso. Mi infilo tra i quaderni, e, mentre cerco (inutilmente) le schede che piacciono a me, mi scopro a canticchiare You make me feel like a natural woman. Il che mi rende piuttosto perplesso, perché non mi sento proprio natural woman . Soprattutto natural , a dirla tutta. Sarà che ci sto più attento, ma, mentre canticchio, mi accorgo di es
Di domenica, il centro di padova è pieno di facce da culo che passeggiano. Compreso il sottoscritto. In cerca di una farmacia aperta, digrigno i denti, strizzo gli occhi, trattengo l’impulso di colpire i passanti con l’ombrello. E’ uno sforzo sovrumano. Trattenere l’impulso. Di colpire i passanti. Ciaaaaaooooooooo . Da un gruppo di filippini davanti a me, tutti alti uguali (1.60), mi si avvicina un ragazzo – avrà sedici anni – capelli corti, baffi e un accenno di barba. Gli altri si zittiscono di colpo. E’ Mirk. Al tempo in cui vivevo una vita che non era simile in tutto e per tutto a quella di uno stilita, lo aiutavo nel doposcuola. Mirk, al doposcuola, non capiva un cazzo. Adesso parla un italiano quasi perfetto. Ehi Mirk. Ehi. Come va? Bene? – Siamo di fronte a un’internet point, gli chiedo se è qui a giocare, lui alza le mani e scrive su una tastiera immaginaria; con un sorriso enorme dice: no: chat! Sei migliorato con l’italiano… Ostia! so anche il dialetto! Cambiando
A questo punto ho il sospetto di avere, nella calotta cranica, al posto del cervello, una specie di stomaco: una sacca vuota di colore rosa/violacea, poco elastica, che amalgama, scioglie, non assimila le informazioni, anzi, le espelle non so dove. Alla laurea di D, oggi, i suoi amici gli hanno fatto indossare guanti e calzini pieni di nutella mista a larve bianchiccie, ancora in vita. Dopo averlo cosparso ovunque di miele, farina, uova e nastro adesivo, mentre leggeva il papiro, gli lanciavano le larve rimaste a mo’ di coriandoli. Diciamo. Non è. Diciamo. Un periodo. Diciamo. Meraviglioso. Non è. Diciamo. Non. No. Proprio. Ha gli occhi crudeli, come fosse cinese, ma a volte penso a lei e non riesco a smettere. L'uomo di gennaio, David Mithcell
Le patate al forno che ti sei preparato in un momento di disperazione - il tuo frigo conteneva, a parte le patate, tre spicchi d’aglio, una confezione di ketchup, un vasetto di pesto scaduto dal 1862, una maschera di bellezza congelata - ti hanno ustionato il palato. Non potevi aspettare che si raffreddassero, no. Dovevi per forza mangiarle quando ancora la loro temperatura rasentava i 451 gradi. Adesso, nel chiudere la bocca, gli incisivi inferiori sfiorano la gengiva superiore provocandoti scosse e punture. Per riuscire a dormire devi studiare complesse posture della lingua in modo da creare un cuscinetto che attutisca il dolore. Poi ti svegli e parli tutto fuffoso. “Come stai stamattina Ale?” “Fefe” (Domani hai un incontro col guru. Voglio vederti a difendere un capitolo indifendibile, scritto in velocità e consegnato non finito perché ti stava prendendo l’ansia – ansia che non solo ti sorprende quando meno te l’aspetti, ma ti sorprende anche quando te l’aspetti: sai che l’ansia
Esperienza mistica n. 452 Con uno scatto senza suono, il lucchetto della bicicletta si apre. Lo richiudo attorno alla sella. Una goccia mi colpisce la guancia. Guardo in alto, seguo la prospettiva del muro a cui la bici è appoggiata. C’è il sole. Dal cornicione del palazzo spunta la coda di un colombo. Se strizzo gli occhi sono sicuro di vedere il suo buco del culo ancora spalancato. Abbasso lo sguardo sulla sella, la sella ha una minuscola chiazza bianca. Giro la testa a sinistra, verso il braccio, e sulla manica della giacca (marrone scuro) s’è spalmata una chiazza marrone chiaro. In tutto questo le mie mani sono rimaste fisse sul lucchetto. Dal cornicione la coda del colombo è sparita, evidentemente si è sporto solo dopo aver preso bene la mira. Ipotesi di sterminio. Minimiccette dal potenziale esplosivo di una carica magnum di C4 da graffettare ai chicchi di mais. Colombi che esplodono in volo. Esperienza mistica n. 77/bis Nek, da Ricordi, ha la faccia così scura da sem
Come quando, al primo morso, la risposta a una domanda che da poco ti rimbalzava in testa parte dalla forchetta che trattiene mezzo raviolo al vapore, comperato in un take away cinese solitario e isolato, polveroso, nel quale una commessa col piumino blu guarda, in piedi e con le braccia incrociate, rossa in viso, un quiz in cinese coi sottotitoli in cinese a una televisione appesa in alto a destra accanto al murale del dragone, impolverato anch’esso, e, una volta preso l’ordine dei ravioli al vapore – verdure e gamberetti – si dirige in cucina e ci passa dei minuti sternutendo, presumibilmente sui ravioli stessi, poi te li consegna in una vaschetta di alluminio piena di bacilli che richiude con il domopak e tu, non contento, ti fai dare anche una confezione minuscola di salsa di soia in evidente stato solido, per dirigerti finalmente a casa dove, da solo, coi vestiti che puzzano di fritto, prepari un piatto su cui disponi i ravioli, rigidi, in pieno rigor mortis, poi ti siedi e ne add