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Ti scrivo dalla biblioteca in cui mi sono trasferito.
Qui è pieno di cadaveri e di voci di cadaveri.

TS mi osserva da cinque minuti, senza che io me ne renda conto. Vede che sto fissando il monitor senza toccare i tasti, ipnotizzato. Mi scuote una spalla e dice, accademico, “Pensa che non sarà finita. Ci saranno altri tre anni così!” Io sorrido a stento. Lo guardo come se fosse un pazzo. Lui ride e, mentre ride, pop! gli salta via un occhio sulla mia tastiera. “Altri tre anni!” ripete, senza accorgersi di niente. Mi batte con la mano aperta sulla scapola. Sorridendo pacatamente, faccio il gesto di buttarmi fuori dalla finestra. “Ah!”, fa lui, “Ah! Deja-vu!” “Eh?” TS alza l’indice della mando destra e dice: “L’hai già fatta, questa scenetta! Deja-vu! Deja-vu!” Se ne va. Il suo occhio, intanto, si è squagliato sui miei tasti.

Lo sai. Da quando è nato mio nipote, mia madre sta sempre da mia sorella- io, ogni sera, devo preparare da mangiare a mio padre che torna dal lavoro. Oggi mi ha detto che giovedì non è a casa, sarà a cena fuori. Mi arrangerò, gli ho risposto. Lui ha continuato a guardare l’insalata, mangiandola a piccole forchettate, come fa di solito. Mi ha chiesto se non ho un’amica che cucini per me. E io ho risposto di no. Lui allora mi ha chiesto se sono tutte laureate. No, gli ho detto: è che hanno altre persone a cui cucinare. Lui, allora, ha pulito il piatto con un pezzo di pane. L’ha masticato bene. Ha preso un sorso di vino. Nel silenzio, con una voce solo indizialmente preoccupata, ha detto: potresti trovarti delle nuove amiche che cucinino per te.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale