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Alla finestra, con la tazza del caffè tra le mani, sono sicuro di dimenticarmi qualcosa. Che primavera del cazzo. Piove, fa freddo. Fuori il verde sembra meno verde, il grigio più grigio. Che cosa? Dove? Qualcosa mi sfugge. Ieri avevo detto a mia madre che il giornale l'avrei comprato io. Se ci siamo messi d'accordo che l'avrei preso io, significa che dovevo uscire. Ma se dovevo uscire dove dovevo andare? E perché? Che impegno avevo? Lascio perdere. E' un periodo così. La settimana scorsa ho perso il consiglio di dipartimento. Dimenticato, completamente. E poi appuntamenti, scadenze, lavori, promesse... Ho una specie di eczema che si propaga sulla fronte. Giovanna insiste perché vada a farmi vedere. Io non ho tanta voglia, aspetto che passi da solo. Intanto però, se mi gratto troppo, assomiglio a un personaggio di Star Trek, un qualche alieno con la fronte gommosa e arrossata. Me la prendo con calma. Pur non facendo nulla sono sicuro di avere un debito di sonno. Mi scopro curioso di sapere cosa si sarà inventato oggi Mmm-mm-mmm-mm. Dice Giovanna che non va più nominato. Credo che abbia ragione. Ogni volta che lo nomino lei mi fa pagare uno spriz. Sto andando in bancarotta. Ho lasciato il cellulare in camera. Decido di studiare quando vedo che ho delle chiamate non risposte e un messaggio: «Dove sei?».

Ecco, lo sapevo. Dovevo trovarmi mezz'ora fa con E* a colazione.

«Scusami», dico, dopo una corsa in bicicletta. Non ho fatto in tempo a prendere l'ombrello e sono pieno di pioggia, «Scusa, mi sono dimenticato e...»
«Non importa, ...» dice E* che intanto si è letta le dichiarazioni giornaliere di Mmm-mm-mmm-mm.
«Divento sempre più distratto...»
«Non me lo dire»
«No, sul serio: l'altra sera mi sono dimenticato di finire la pizza»
«Eh?»
«Ero con degli amici, stavamo chiacchierando e uno mi fa non la finisci la pizza? non ti piace? e io rispondo ma che dici, l'ho già finita- Guardo nel piatto e c'è questa fetta mangiucchiata di cui mi ero dimenticato. All'inizio penso che sia uno scherzo, che me l'abbia messa Giovanna di nascosto, ma capisco dagli sguardi che non è così. Allora mi metto a ridere, dico sul serio? non è uno scherzo? e cambio argomento il più in fretta possibile...»

***

«A Berlino ho visto un film veramente bello, sulla Stasi, il servizio segreto della DDR. Vallo a vedere quando esce.»
«Come si chiama?»
«In italiano più o meno La vita degli altri, ma non so come lo tradurranno»
«Se tutto va bene uscirà come Se mi lasci ti torturo»

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale