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Etcetera

... sono distratto, spesso incostante. Non ascolto chi mi parla oppure ascolto due conversazioni contemporaneamente. Non mi concentro. Sono nervoso. Mi imbarazza guardare negli occhi la gente. Sembro sempre sul punto di andarmene. Ho l'aria di chi pensa sarebbe meglio essere da un'altra parte. Mi vergogna il contatto fisico. Faccio domande e non aspetto la risposta. Rispondo a domande non rivolte a me. Parlo in fretta. Mi esalto e mi deprimo con la stessa velocità. Vivo in uno stato di media insoddisfazione. Ho bisogno di continue conferme. Faccio domande a raffica perché mi agita il silenzio. Tratto tutti con distanza. Gioco male a scacchi. Mi stufo in fretta. Sono noioso. Ripeto più volte le stesse storie e sempre con le stesse parole. Mantengo dei giudizi stabili per più di dieci anni. Sono incline ai pregiudizi violenti. Non mi sfogo. Mi angosciano le pause al telefono. Ho sempre l'idea di dire cose poco interessanti in modi poco interessanti. Ho il sospetto che certe cose piacciano solo a me. Vorrei che certe cose piacessero solo a me. Quando certe cose piacciono a me e a qualcuno che non mi piace, le stesse cose non mi piacciono più. Sono pauroso. Mi spaventano i controllori e le figure autoritarie. Non sono sciolto, cioè sono rigido. In molti sensi. Mi illudo di avere una mente elastica ma mi fisso sui soliti due o tre concetti. Ho complessi di inferiorità e di superiorità contemporaneamente. Non prendo seriamente le cose che mi interessano. Scherzo sulle cose più atroci. Non vado mai a fondo. Rimando tutte le decisioni. Ho la tendenza alla compulsione televisiva. Sono troppo snob per guardare la televisione. Mi appassiono a serie televisive giapponesi misconosciute per potermene vantare in pubblico. Sono ossessionato dalla caduta dei capelli, dal diventare sordo, dalla perdita dei denti e della vista. Sono a disagio con le persone che non conosco bene e spesso anche con quelle che conosco bene. Non mi metto in gioco, anche se dico di sì. Faccio cose che se le facessero a me mi offenderei a morte. Ho spesso la sensazione di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato. Quando conosco qualcuno di nuovo penso "che cosa vuole da me?". Quando discuto sono aggressivo. Esibisco una stronzaggine consapevole molto più spesso e molto meno spesso di quanto vorrei. Quando posso, metto le mani avanti, ossia sono un vero paraculo...

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale