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Bella primavera del cazzo.

- Oh, ma sai che è pieno di film porno in tv?
- Ma scusa: guardi la televisione mentre sei al telefono con me?
- No, no... cambio solo i canali...
- Ah be', allora... stavo dicendo...
- Sì...
- Ma mi ascolti?
- ...
- Smettila di seguire il film porno.
- Cosa?
- Smettila di seguire il film porno!
- Non sto guardando un porno.
- Sì, tu stai guardando un porno, si sente.
- No, ti sbagli, non sto guardando un porno. Stavi dicendo?
- Dicevo che... no, non mi stai ascoltando, smettila...
- Ti dico che non sto seguendo un porno!
- ...
- Giuro! Non ne sto seguendo uno.
- Ne stai seguendo due.
- ...
- ...
- Ok, spengo la televisione. Dicevi?
- Non hai spento la televisione
- Sì, che l'ho spenta.
- E cosa sono quei gemiti che sento?
- Sono i vicini.
- Non hai vicini in quella parte della casa.
- ... C'è la finestra aperta.
- Spegni la televisione.
- Ma adesso c'è una scena dove lei è su un tavolino e lui...
- Spegni.
- Ok.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale