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Ma pensa... Alla fine avevo deciso che qui, io, non avrei più scritto, sarei scomparso nel nulla, silenzioso, senza dire niente, semplicemente facendo sempre più ombra su queste frasi, un centimetro per volta, una parola per volta, nel tentativo di sparire e affrancarmi da tutto questo, dalle frustrazioni, soprattutto, e dalle ferite, dai giochetti di potere stronzi che si riproducono anche qui, nel piccolo, dove penseresti che no, e invece i gruppetti, le invidie, le gerarchie - stupido io a non pensare subito che l'immagine riflessa non si svincola dall'oggetto... e poi arriva una lettura improvvisa e inaspettata: una di quelle scosse sintattiche che fanno ripartire i meccanismi arrugginiti, stanchi, persi in continui ritorni - la parola, diceva il poeta, tradirà l'ossessione - smussati dall'abuso senza senso, dal controllo totale sul nulla; una mano che, "abile o incauta, / toglie l'impedimento" (complice, forse, Pynchon maledetto) ed eccomi ancora qui, di nuovo qui...

insomma, in una giornata piovigginosa, fredda come una ghiacciaia o il frigo di un macellaio, quei fighi che si vedono nei film di mafia, o anche in Rocky se non ricordo male, quando Stallone si allena coi quarti di bue che gli oscillano addosso e affianco (o era un altro film?), in una giornata così, grigia, col cielo basso, neanche un uccello, ma le macchine a targhe alterne - tutta la notte la mia pancia aveva dato segnali orrendi, borborigmi e crampi, e la mattina stessa una nausea mi aveva avvolto la testa facendomi vomitare anche solo la tazza di tè che mi ero arrischiato a bere - in un giorno così ho vinto una borsa di studio a padova, per un dottorato di ricerca. passerò i prossimi tre anni, pagato, a studiare un proto-blog lunghissimo, ottocentesco e tutto privato; fatemi gli auguri: auguri, grazie.

"ma sei contento?", chiede mia sorella al telefono, con una strana ridarola, un'euforia tutta dentale che tintinna nella cornetta.
"sì", accenno, "ma avrei preferito vincerlo da un'altra parte, in un'altra città"
"vedi che scherzi che fa l'inconscio..."
"l'inconscio..."
"sì, tu pensi di volere una cosa, invece sotto sotto ne vuoi un'altra."
"ma magari è solo che non sono riuscito a vincerlo prima..."
"e perchè? perchè non ce l'hai fatta?"
"non so... ho sbagliato gli esami, ho scritto cazzate, ho avuto sfortuna, che ne so? sarà stato il caso..."
"il caso o il casso?"

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale