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Guarda che sono un drago - dice mia madre apparendo nel vano della porta con uno scatto laterale, quasi una scivolata sul pavimento del corridoio - Un drago, hai capito? - io ruoto millimetricamente il collo per guardarla attraverso gli spigoli degli occhiali, un po' a fuoco un po' no, penso : sì, come no, mentre lei appoggia la mano sullo stipite di legno - Ho fatto un test di intelligenza, dallo psicologo. Ho sbagliato cinque domande su cento, quindi stai attento, che sono un drago - e come un ninja scompare in una nuvola di fumo. Non starò qui a spiegare come mia madre sia finita da uno psicologo; non è il caso, casomai rassicuro che non è niente, niente di preoccupante, anche se è preoccupante che non ci sia andata prima, forse, per motivi più reali di quelli per cui c'è andata adesso - ma questa è la personalissima opinione di chi scrive e che tanto pensa che uno psichiatra farebbe bene pure a lui, così, en-passant.

Dopo due minuti di corsa sull'argine il fiato mi si ingruma, si blocca all'ingresso della trachea; non ho le narici abbastanza larghe, avrei bisogno delle froge di un cavallo per sopravvivere. Nitrisco per immedesimarmi.

- Ok, io vado. Ma se telefona qualcuno tu non dire che sto correndo. Dì qualcos'altro. Dì che sono a studiare in biblioteca; o che sono andato a fare un giro, a ubriacarmi con i soldi del pane; dì che mi sono dovuto nascondere perchè ho dei debiti con la mafia cinese oppure che sono andato a sabotare le rotaie del metrobus; dì che sono in bagno col cagotto e non posso uscire, che ho la scarlattina, gli orecchioni, la varicella tutti insieme. Insomma, dì quello che vuoi, ma non dire che sono a correre, che ho una reputazione da difendere.
- Guarda che l'avevo capito, sai. Sono un drago, io.




(continua a continuare)

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale