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E poi si incendiano le locomotive. Sarà lo Spirito del Tempo. I freni si surriscaldano, si diffonde in aria un odore di plastica bruciata, e un fumo scuro sale seguendo il vento, allargandosi a ventaglio. E' notte. La locomotiva fuma sul binario cinque. Devi stare attento col blog, mi dice K. al telefono, Devi stare attento a tutte le puttanate che scrivi. Come... hai presente la rosa purpurea del cairo? A furia di scrivere puttanate, le puttanate si ribellano, invadono la realtà, escono dal blog. Anche questa storia della locomotiva... a chi vuoi che accada? A chi vuoi che capiti che una locomotiva si incendi, bloccandoti in stazione per un'ora? Attento al blog, stai attento!" Una ragazza si sporge dal finestrino di un treno fermo Ehi controllore! dice, Ehi! Ma adesso che non ci muoviamo, ci pagate i taxi? Ci mettete sui taxi e ci fate andare dove dobbiamo andare?" Il controllore ha il cappello da controllore calcato sulla fronte, sfoglia l'orario per verificare le coincidenze che questo treno perderà, dice, serio serio, Non sono io a decidere, è la direzione; la direzione decide queste cose." E intanto indica verso l'altro, gli apogei della ferrovia. I pompieri sbandano tra di loro correndo, come nelle comiche; tutti, attorno a me, si tengono la maglia sul viso per non respirare l'aria marcia. La ragazza dal finestrino mi guarda, sorride. Dice, indicando il controllore, E' un po' mona, ma è paziente. Certi altri mi avrebbero già sbranata..." Intanto penso a quello che mi dice sempre P, che queste cose le faccio accadere apposta, che sono io che le faccio verificare per poi poterle scrivere... Ehi controllore! Controlloree! dice la ragazza dal finestrino, Senti, devo essere a casa per le undici, non è che mi porti tu in spalla?" E il controllore, sfogliando l'orario: Signorina, non posso, il mio turno finisce alle due. Vedrà che partiamo tra poco..." Più tardi deciderò di lasciar perdere. Me ne andrò in centro, rinuncerò, per oggi, al mio appuntamento veneziano. Più tardi incontrerò R, cammineremo e mi dirà che ha chiuso il blog perchè non sa inventare. E allora? le chiederò. E allora immaginavo che nella storia del blog dovessero succedere alcune cose, ma non potendole immaginare bene le facevo prima accadere nella realtà per poi scriverle..." Controllore! Ehi controlloree! dice la ragazza dal finestrino, Ho fame! Non è che mi offri una cena mentre aspettiamo?" Signorina, dice il controllore, Non posso mica; non vede che ho da fare? Le va bene lo stesso se le dò dei soldi e lei va a prendersi quello che vuole?"

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale