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NOTA: Questo post è lungo, ma è così inutile e brutto che potete fare a meno di leggerlo.

Non ho mai preso allucinogeni. C'è stato un periodo in cui avrei voluto farlo. Per un po' è stato un desiderio violento. Poi, non so come, è svaporato. Non ho mai trovato l'occasione giusta. O forse ho fatto in modo di non trovarmici. Poco coraggio, suppongo.

Abito vicino a una porta cittadina cinquecentesca. Da qualche sera, tornando a casa, questa porta è illuminata di rosa. Fucsia. Sparato. Non so se avete presente Dumbo, l'incubo degli elefanti rosa. Una cosa del genere.
«Ma scusa» ho chiesto a mio padre «perché la porta è illuminata di rosa?»
«Prevenzione» ha risposto «Prevenzione dei tuomori al seno»
«Illuminare la porta di rosa previene i tumori al seno? E quelli alla prostata?»
«No: sensibilizza; non fare domande idiote.»
«E funziona? Sensibilizza
«E' un'idea del sindaco» dice, alzandosi.

Insomma, i dottorati. Non ho vinto la borsa da nessuna parte. A P*, orrenda cittadina nebbiosa, ho dovuto parlare della mia tesi: «Sì, ecco, la mia tesi. Ho parlato... sì... dell'influenza di montale sui poeti contemporanei a lui. Ecco. Eeee... Solmi? Sì, Solmi è il più montaliano dei poeti che ho preso in considerazione. Quasi non esisonto poesie di Solmi senza elementi lessicali montaliani. E quando non ci sono elementi lessicali, ci sono elementi tematici... Per esempio... Quella poesia... Oddio non ricordo il nome... quella lì... quella... » schiocco le dita, la commissione prende appunti, scuote la testa, il presidente di commissione sorride «scusate, non capisco, non ricordo il nome... quella dell'astronauta... ecco è accostabile a quella di montale... (oh cazzo) quella... eeee.... » mani sugli occhi «quella lì, quella... non ricordo... quella del prigioniero, avete presente? alla fine della bufera....»

Odio gli eurostar. Da firenze a milano non esistono intercity che arrivino a un'ora decente. Davanti a me una ragazza, carina, vestita di nero, capelli raccolti in una treccia. Accanto a lei, a destra e a sinistra - circondata - due fantini. Due fantini con tanto di frustini e sella. I fantini non trombano evidentemente da quindici anni, perchè ci provano in tutti i modi con la ragazza. In quattro ore di viaggio, tentando inutilmente di leggere Auto da fè di Canetti, scopro, sulla ragazza interrogata dai fantini: 1- che vorrebbe entrare in aereonautica ma è troppo vecchia; 2- ha fatto gli esami per entrare volontaria nell'esercito; 3- è la terza di sette figli; 4- il padre è napoletano, appassionato di cultura orientale; 5- lei ama il sushi; 6- ma la salsina verde fa cagare; 7- ha studiato in spagna; 8- ha giocato a calcio, fatto equitazione; 9- ora vive da sola; 10- ma ha un moroso calabrese, gelosissimo; 11- i suoi genitori vivono in danimarca; 12- sua madre ama i balli bretoni, gira per i paesini danesi a promuovere balli bretoni; 13- lei lavora come cameriera; 14- ogni giorno per andare a lavorare si fa 30 km in bici; 15- eccetera.

A V* scopro di essermi iscritto al dottorato sbagliato. Mi sono iscritto a Filologia Moderna invece che Italianistica, pensando di fare una mossa geniale. Scopro invece che a V* Filologia Moderna significa: Lingue e letterature straniere. Passo lo scritto, ma l'orale è in inglese. Spero mi chiedano della tesi - ormai mi sono preparato - e invece mi interrogano sulla critica tematica in un ambito di letterature comparate. Critica tematica? Letterature comparate? No scusate, io ho sbagliato dottorato. E il progetto di ricerca? Credo non vada bene per voi: voglio lavorare sulla lingua di Leopardi. No, non va bene. Eh, lo sospettavo. Legga qui un po' di francese, traduca. Devo proprio? Come vuole lei. Allora no, non vorrei peggiorare ulteriormente la mia situazione. Voto all'orale: 1 su 8.

Preferisco gli interregionali. Dietro di me, un signore con la giacca verde si stende su due sedili, rigido, come nei giochi di prestigio degli ipnotizzatori. Ha i calzini grigi, i capelli bianchi e lunghi. Tiene le mani sulle anche e dorme. Verso Brescia salgono delle africane, più o meno otto, si siedono dietro il signore e urlano, sghignazzano, chiacchierano. Il signore si gira in due secondi, dice, piano «Per cortesia, parlare adagio». Non farò l'analisi linguistica di questa frase, farò notare solo l'uso dell'infinito, spersonalizzante. Le africane non lo sentono. Allora lui si alza, alza la voce: «NON SIAMO AL MERCATO! PARLARE ADAGIO!» Una ragazza dice «Vattene in prima classe...» «ANDATECI VOI IN PRIMA CLASSE! PARLARE ADAGIO! TORNATEVENE IN AFRICA!» La ragazza si alza, ha i capelli sottili, una frangetta «Lei è un maleducato» «SE NON PARLATE ADAGIO VI TIRO UNA SCARPA IN FACCIA!» «Lei è un maleducato, in treno fanno tutti confusione, perchè ce l'ha con noi?» «TORNATEVENE IN AFRICA! PARLARE ADAGIO! VI TIRO UNA SCARPA IN FACCIA!» «Scusi» dico «Ma lei vuole dire: parlate a bassa voce» «COSA?» «No, dicevo, "parlare adagio" significa che uno deve parlare lentamente. Lei vuole che parlino a bassa voce» «E TU DI CHE TI IMPICCI? VUOI UNA SCARPA IN FACCIA?» «No, guardi, dicevo che forse c'è un problema linguistico. Adagio significa lentamente. Capisce? Len-ta-men-te.»

La protesta dei ricercatori a padova continua. Lunedì mi sono perso l'assemblea generale, spero di non perdermi le altre. Vicino a casa mia dei ragazzi col megafono arringano gli studenti di passaggio. Mia madre si ferma e gli chiede se fanno parte del Centro Sociale.
«No, signora, qui c'è la spontaneità più assoluta»
«Ma non siete del Centro Sociale?»
«No, qualcuno, qualcuno forse sì, ma questo è un gruppo spontaneo. La sponteneità più assoluta»
Vabe'.

A V* vince il dottorato una bionda con gli occhi a mezzaluna. La bionda con gli occhi a mezzaluna ha 32 anni e fa questi discorsi qui: «Sapete qual è il problema di Taormina e di quelle città così turistiche? Io l'ho capito. Il problema è la globalizzazione. La globalizzazione, capite? Tu giri per Capri e ti sembra di essere a Venezia, perchè ci sono gli stessi negozi. Gucci di qua, Benetton di là. Gli stessi negozi! Tu vai in cerca di qualche scorcio caratteristico, qualche angolo tipico e trovi Gucci, Benetton. E' possibile?»

Eudora mi mangia le mail. Se per caso in questi giorni mi avete scritto (lo so che non l'avete fatto, ma va bene lo stesso) sappiate che le vostre mail non mi sono arrivate. Se siete arrivati fino a qui siete coraggiosi, vi ammiro e vi voglio bene: scrivetemi, appena avrò dei soldi vi offrirò da bere. Sempre che le vostre mail mi arrivino.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale