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Tre Episodi

1.Mia sorella, quando parla di mia madre, dice sempre:
tua madre
Dice: “Eh, lo sai, tua madre è una scheggia impazzita.”
Tua madre, già.
E la tua?

“Io lo so cosa dovresti fare” dice la scheggia impazzita, mentre colaziono.
“Dovresti” dice “imparare il serbo”

“Una volta imparato il serbo” continua “dovresti andare nei Balcani”
Appoggio la tazza del caffè, giro il collo per guardarla.
Dice: “Non c’è nessuno che lo fa.”
“Tu dici” dico “che dovrei imparare il serbo?”
“Se Erri de Luca si è imparato l’ebraico a 40 anni, perché tu non dovresti imparare il serbo?”

Certe volte mi chiedo come non ci arrivo da solo, a tali lampanti conclusioni.

2. Il barbiere tocca la cima dei capelli: “Non c’è niente da fare” dice “li perderai tutti, i tuoi capelli.”
“Non è un po’ drastico?”
“Tutti” dice “Li perderai tutti. Tocca, su.” Mi prende la mano, mi fa toccare la cima dei capelli, poi la nuca “La senti la differenza?”
“No.”
“Be’ sono differenti. Quelli sopra li perderai tutti.” dice il barbiere terrorista.
“Magari se fa un trattamento...” dice l’assistente, tagliando i capelli a un vecchio hippy.
“Ma cosa vuoi che faccia un trattamento!” dice il barbiere “Quelle cose lì non servono a niente.”
“Un poco sì, servono. Magari rallentano…” l’assistente.
“Non servono a niente.” il barbiere “li perderà tutti. Tutti.”
“Tutti?”
“Tutti!”

3. Stiamo giocando a Taboo.
Io in squadra con L. – che è la ragazza di Ducc; Ducc in squadra con Al..
Tocca a me indovinare.
L. prende un carta e fa: “Questa è facile, sei pronto?”
Annuisco. Mi dice: “Ducc è…”
“Viscido!” dico la prima cosa in mente. Lei mi guarda e ride. Poi guarda Ducc che sottovoce ripete: “Viscido?”
L. fa: “No, no, un’altra.”
“Paranoico.”
“Ottimo. Quindi ha…?”
“Paranoie, complessi…”
“Ci sei vicino.”
“Fisime!”
"Giusto!"

(Adesso lo so che se scrivessi a Ducc, qui, pubblicamente, che non parlo né penso sempre male di lui, lui non mi crederebbe. Quindi non lo faccio.)

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale