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Che ci faccio qui? Dovrei essere fuori, al sole, con qualcuno; non qui, da solo, davanti al computer. Le finestre aperte hanno un odore primaverile. Ieri avrei voluto avvicinarmi di più. Chiodo schiaccia chiodo, non è che ci sono chiodi all'orizzonte? No, cioè sì, se... (Glielo dico? Ce n'è una, ma è già occupata... Troppo! troppo clamoroso! Sto zitto) Uff, sei troppo selettivo... Già. Com'era la fine? Non lo so, guardavo te che ti addormentavi. (no, nessun tono romantico. Divertito, ecco. Con quel giusto understatement per non far capire. E al buio se arrossisci non si vede.)
Sul serio: non dovrei essere qui, ora.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o...
Se una notte d'inverno lo spazzolino elettrico di tuo figlio si anima di vita propra senza nessun apparente motivo e tu e tua moglie vi trovate in bagno, assonnati, per capire da dove proviene quella vibrazione e in quel momento, dallo scarico del lavandino un gorgoglio rauco esala una risata che richiama alla memoria una brutta storia mai del tutto chiusa, allora, ecco, forse qualcosa si sta agitando; ma non qui: di qua . So che non dovrei farlo.