E io che, cazzo, pensavo di averti espulso dai miei sogni, te e tutti i tuoi oggetti: la molla per capelli a forma di serpente, la nikon col grandangolo, i bicchieri rubati. E invece ritorni, di prima mattina, ritorni, insieme con i disastri aerei, l’incarcerazione preventiva, la pulizia della casa. (Poi, durante il giorno, le immagini si stemperano, si diluiscono e scompaiono lasciandomi come sempre insufficiente: l’ombra dell’ombra di me stesso - pensavo camminando stamattina - che potrebbe sembrare una cosa impossibile, perché se illumini l’ombra, l’ombra scompare, e invece la mia è così densa, pensa, pensavo, che se la illumini proietta un’altra ombra più grande, più flebile, irreale)
UNA QUESTIONE DI LESSICO
(ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?)
Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti.
(tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi )
(...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake.
Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41
Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso".
Posted by brekane at 21.07.04 08:52
Ma le brecane non sono le eriche selvatiche?
Posted by Mro at 21.07.04 18:36
o...