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Il vento ha spezzato i bracci all’ombrellone, i soliti conti da regolare, immagino. Adesso il riverbero del terrazzo è insopportabile, almeno fino alle sei di sera. Non è bastata la colla millechiodi - neppure per la madia in salotto, la cui anta mi è rimasta in mano il mese scorso - se non ad appiccicarmi il gomito sul pavimento. Pezzi di cute sono ancora là, in sacrificio al dio del bricolage perché abbia pietà di me. Io e Giovanna facciamo a gara su chi usa meno carta igienica. Mentre beviamo orzata tagliata vodka, seduti sulle sdraio, le chiedo se non vuole per caso un rotolo di vantaggio. Mi guarda come si guardano gli sbruffoni. Nel frattempo la salvia della vicina è veramente più verde della nostra: di notte, se non dormo per il ronzare degli insetti (e spesso non dormo per il ronzare degli insetti) progetto di lanciare giù il vaso simulandone il suicidio. Ho già in mente la lettera d’addio, conterrebbe le espressioni declorofillizzazione, solitudine alle radici e il congedo Non più burro.


(Ho l’impressione limpidissima di regredire: mi sento meno organizzato, meno competente, più ottuso: il lessico diminuisce, i pensieri si fanno elementari. I miei ragionamenti, oggi, hanno la profondità del mare di Sottomarina...)

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale