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Brèkane è sotto esaurimento da esame.
Deve ancora finire il programma, e ha 24 ore per farlo.

Il masterizzatore di Duccio, regalato ieri,
non funziona. Sarò stato io a portare sfiga,
continuando a dire "Sì, te lo abbiamo dato oggi,
così se non funziona, lo riporti indietro"
"C'è il pericolo che non funzioni?"
"No no no, certo che no. Hai visto la marca? Eh? L'hai vista? La conosci?"
"No."
"Neanche io. Ma sembra che funzioni, non ti preoccupare."
Ale, che evidentemente è più scaramantico di me, soprattutto dopo
che io ho bevuto due spriss,
cercava di cambiare discorso: "No, ma te l'abbiamo dato anche perchè
temevamo che te lo comprassi anche tu..."
"Sì, ma anche perchè se non funziona..."
"No, ma soprattutto perchè se te lo compravi..."
"Sì e poi se non funziona, adesso..."
eccetera.
Be' torno a studiare, meglio, va'.

Ah. L'altro giorno era il compleanno di Nicola.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale