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Come ogni mattina, vado dal giornalaio.
E’ da un mese circa che mi sveglio incazzato e non so perché e anche oggi non è diverso. La mia capacità linguistica, poi, è azzerata dal sonno.
Chiedo l’Unità, pago, e, ancora prima che io possa toccare il giornale, un tizo al mio fianco mi domanda: “Posso darci un’occhiata?”.
Penso – acidissimo - :“Vaffanculo, chiedine una copia al giornalaio e guarda quella”, ma non faccio in tempo a rispondergli che quello sta già sfogliando.
E’ un tappo, sembra sui quarant’anni, con occhiali quadrati, una camicia bianca, una giacca nera, capelli corti. Sfoglia il giornale velocissimo, non legge nessun titolo, non sbircia neppure le foto. E mentre sfoglia mi chiede a raffica: “Perché compri l’Unità? Cosa ti piace de l’Unità?” “Che differenza c’è col manifesto?” “Perchè ti piace di più L’Unità?” “Che firme ci sono su l’Unità?” e via così --- Io sono molto intontito, sia dall’ora mattutina, sia dall’ondata di domande con cui mi affoga: invece di picchiarlo a sangue, rispondo a tono; sembro proprio una persona beneducata e civile.
Alla fine, lui ripiega (male) il giornale per restituirmelo, sorride, mi tende la mano: “Sono un prete.” mi dice, neanche fosse in incognito, “Mi chiamo don Marco, piacere. Quando vuoi, sai dove trovarmi. La parrocchia è la casa di tutti.”
“Ah” dico. Mi guardo intorno in cerca d’aiuto, ma anche il giornalaio è scappato.
“Ma tu di dove sei?”. Sorride impetuosamente, questo prete, mentre cerco di arretrare.
“Di Padova”
“Di Padova? E vivi qui? Da tanto?”
“Sì, be’, da sempre.”
Si stupisce, sgrana gli occhi: “Ma… ma… io… NON TI HO MAI VISTO!”
Ghigno, mi allontano.
Don Marco dà un’occhiata all’Unità, poi sospira: “Be’ effettivamente… ci sarà un motivo…”
Ma dai?

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