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Riordino le idee e ti racconto. Allora.

Al pullman alle otto: sono solo, gli amici
di sempre non potevano; incontro F.
Non abbiamo più molto da dirci, da tempo,
(penso anche di stargli un po’ sul culo)
ma è un bel segno incontrarlo, l’ultima
manifestazione fatta assieme è stata
quella del 25 aprile 1994
(anche questa è stata una liberazione?
dai fantasmi, dai pregiudizi?)
Il mio casuale compagno di viaggio, R.,
russa piano mentre dietro si scolano
bottiglie di merlot. Io provo a leggere
il giornale, ma ho una certa agitazione.
A Firenze mi metto, mi tolgo il corpetto
della CGIL ogni due minuti, poi lo piego.
Mi perdo volontariamente, incrocio
gente di Padova che mai avrei pensato
di incrociare. Senza cellulare incontro
a caso M. Passerò con lei - con le sue amiche - tutto il corteo.
Le finestre sbarrate, alcune coi lucchetti,
sono poche, il servizio d’ordine della
sinistra giovanile è irritante a dire poco,
ma ci sono i camion musicali, e cartelli
e gente travestita, pitturata in faccia.
E lenzuola bianche appese dai palazzi.
Gino Strada di spalle firma autografi
su pezze di stoffa. Il più bel cartello:
“Oriana, va a cagà”. Dietro siamo
seguiti dai Marxisti- LeniniStalinisti
con Stalin accigliato su un cartello rosso;
ad una finestra un bambino dispensa
acqua e the a chi gli chiede.
Un capellone cinquantenne in calzamaglia sopra un tetto,
urla, sventolando una bandiera nera,
“Anarchia gioia e magia” (ma non c’era
anche a Perugia l’anno scorso?)
Siamo due milioni! urla una matta che è con me;
ha Fiori scritto sulla fronte e urla.
Una signora ci regala un cartone di vino
e due bicchieri di vetro: due trofei.
Pisciamo a turno dietro cespugli trasparenti.
Dal cavalcavia si vede sia davanti che dietro
una folla enorme, e luci che si accendono e si spengono;
dai palazzi le persone dicono sono almeno
tre ore che applaudiamo
e lanciano
dai piani alti mazzi di coriandoli fatti
ritagliando l’elenco del telefono.
Il concerto non lo vedo, scappo salutando
a ripigliare il pullman; non vedo polizia
in giro, qualche vigile ecco tutto.
Manco solo io ed altre tre persone
uno lo lasceremo a terra, non si riesce
a contattarlo – un altro dice prima di salire
tutta la sinistra europea si ritrova qui
e noi? torniamo a Padova… (e niente
figa anche sta volta…)

Mi addormento sul sedile mentre
l’autista spara alti i rolling stones.

C’era un mare di persone.
I racconti (alcuni altri) sono qui.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale