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Pensieri elementari in ordine casuale

Conosco il timbro di questo martello. Che cazzo di fine ha fatto la mia sveglia? Ho un brufolo sul naso. E’ un brufolo enorme. Ho un naso enorme. Martello, ti odio. Non è che odio la mia vita. (Vischiosità della sintassi montaliana.) Sì: Mastro ciliegia. E’ che non faccio niente per cambiarla. Svegliarmi alle sei, sì. Certo. Avrei dovuto. Mi sputerà in un occhio. Ho un brufolo sull’orlo della narice. Computer non abbandonarmi. Fottiti. Non adesso. Che c’entra Depisis? La settimana prossima mi straccia il capitolo davanti agli occhi. Se metto due dita in una certa posizione sotto la narice e soffio, il mio naso fischia. Mi ha sorriso? Non mi ha sorriso. E se fosse un uomo? Quell’aereo mi cadrà dritto sulla testa. Non Jeff Buckley, Tim Buckley. Che frase del cazzo. Questo è un pensiero elementare. Faccio schifo. Concentrati! Cosa ha detto sulle pennellate di Morandi? Fai schifo. Ho sicuramente dimenticato qualcosa. Non è un uomo. Immagina di presentarla ai tuoi amici… Magari è una cagacazzo. Le calze a righe orizzontali bianche e nere fanno schifo. Stavamo tutti aspettando il tuo libro del cazzo, Madonna. Tu fai schifo. No, è andata bene. Annuisci. Sì, mi prende per il culo. Magari è veramente una cagacazzo. C’ha l’aria. Le suonerie polifoniche fanno orrore. Ma non lo vedi che sto scrivendo? Non finirò mai. Devo finire. Chi? Non ho capito. Pantaloni stretti, eh? Ok, abbandono la letteratura. Letteratura, ti abbandono a te stessa. Arrangiati. Ma pensa se mi deve trattare così. Ridi, ridi. Fatti piccolo. Inseguila. Sarà ancora a Padova. Ma neanche lei mi ha chiamato per Natale. E’ una giornata ideale (per…) Adesso cerco il mio nome su Google. Alt 0171. Alt 0171. Come attacco discorso? Magari stanno assieme camminando per Padova. Magari c’è qualcuno in centro. Magari è una vera vera vera cagacazzo, di quelle agghiaccianti. Gino starà lavorando. Se facessi due buchi sul brufolo sembrerebbe un nuovo naso. Un naso sul naso. Non le parlerò mai. Perché non c’è mai un bidone quando lo cerchi? Devo ricordarlo. La mia partecipazione democratica è nello strappare i manifesti dei nazisti.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale