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“Pronto? C’è Ale?”
“No, Ale è uscito stamattina presto. Ha detto che prendeva il pane. Adesso sono le due del pomeriggio, Ale non è tornato. E io sono ancora senza pane.”

Poi sei tornato.
(Regola n. 1: evitare il solletico. Le conseguenze potrebbero essere fatali.)

Dal balcone di fronte iniziano a litigare.
“Succederà qualcosa” dice tua madre “Lui la ammazzerà”
Provi ad immaginarti tua madre nei panni di James Stuart in La finestra sul cortile. Sarebbe perfetta se tuo padre, con quei baffi, non fosse una pessima Grace Kelly.
“E’ l’appartamento.” dice.
“L’appartamento maledetto.” aggiungi.
“Secondo me lui la lega, la imbavaglia.”
Tuo padre sbuffa. Tu guardi tua madre che assume un’aria da cospiratrice.
Ha delle forcine gialle tra i capelli rossi.
“Litigano tutte le sere. Poi a un certo punto basta. Pof.” unisce le mani, poi le allontana mimando qualcosa che scompare “Secondo me lui la lega, la imbavaglia, la schiaffeggia. Poi se ne va a ballare.” dice “Com’è la pasta?”
“Buona.”
“Gli piace ballare. Me l’ha detto ieri.”

Guardi la finestra. Dietro la finestra, sul davanzale, una fila di cactus. Dietro i cactus: l’appartamento maledetto.

E’ successo un anno fa. No, forse due. Ci abitava un uomo, con la moglie. Eri solo a casa. Alle undici della mattina senti delle urla. “Chiamate un’ambulanza! Aiuto! Un’ambulanza!” una voce di donna. Tutti fuori sul cortile interno. “Un’ambulanza!” La donna era tornata a casa, aveva trovato il cadavere del marito, accoltellato. L’assassino era un collega di lavoro. L’assassinato si era preso troppe confidenze con sua moglie. La moglie non sapeva nulla. Alle cinque del pomeriggio ti suona il citofono. “Buona sera signora. Sono il fotografo del Mattino di padova. Ho visto che ha un balcone che dà sul cortile. Mi chiedevo se mi lasciava fare una foto, visto che adesso stanno portando via la bara.” Dici: be’, vabe’, sta lavorando. Sale il fotografo, non si presenta, si piazza sul balcone. Due minuti dopo, suona di nuovo il citofono: “Buona sera signora. Sono il fotografo del Gazzettino. Ho visto il fotografo del Mattino suonare da lei. Posso salire anche io?” Ti girano un po’ i maroni, ma lo fai salire. Non si presenta ma dice: “Oh, che bella casa: e il balcone dov’è?” Li lasci da soli. Li senti ridere. Passa la bara. Scattano le foto e se ne vanno. “Proprio una bella casa…”

...
Alle volte sei troppo invadente? Non lo sei mai. Alle volte sì.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o...
Se una notte d'inverno lo spazzolino elettrico di tuo figlio si anima di vita propra senza nessun apparente motivo e tu e tua moglie vi trovate in bagno, assonnati, per capire da dove proviene quella vibrazione e in quel momento, dallo scarico del lavandino un gorgoglio rauco esala una risata che richiama alla memoria una brutta storia mai del tutto chiusa, allora, ecco, forse qualcosa si sta agitando; ma non qui: di qua . So che non dovrei farlo.