Passa ai contenuti principali
Troppe scarpe a punta in questa festa. Attento: ci sono decisamente troppe scarpe a punta.

Anche tu, come tutti, scribacchi. Con qualche velleità, pure.
Alle volte, se sufficientemente sbronzo - se in condizioni psicologiche favorevoli verso l’umanità – puoi sentirti abbastanza tranquillo da far leggere le cose che scrivi. Sottoponi sempre le solite due tre pagine che ti sembrano ben riuscite, perché sei un vero paraculo.

- Ecco - dici.
Il tuo amico prende i fogli, li legge. Poi si mette a ridere. Di gusto.
Sei soddisfatto, anche se tutto questo entusiasmo ti pare fuori luogo.
- Ok – dice il tuo amico – Bello scherzo. – e continua a ridere.
Poi ti ridà i fogli e dice – E i racconti veri dove sono? –
- Scusa? -
- Sì, dai, i tuoi racconti: non dovevi farmeli leggere? -
Panico: fai l’indifferente: ridi.
- Be’ l’hai congeniato bene – dice – quasi ci cascavo. Ma questi racconti sono troppo… sì, troppo scemi. Soprattutto questo – dice, ride, sghignazza, sbuffa, grugnisce, ruota gli occhi, gesticola, indicando il tuo preferito.
- Eh già – dici.
Ridi.
Ridete.
Ha ha ha.
Fate un casino mostruoso; più ride lui, più ridi tu, cercando di coprire la sua voce.
Dopo un quarto d’ora, lui appoggia le mani sul tavolo, le dita incrociate, e aspetta: – E allora? Dove sono i racconti? Dai, che sono curioso -
Non ridi più.

Rispondi. Rispondi. E rispondi. Rispondi. Rispondi. Porcaputtana, rispondi? Non rispondi. Rispondi? Non rispondi.

Conosci persone che dicono: “C’hai la memoria di un cubetto di porfido”.
E anche: “Se sei ridotto così male, non ti faccio la seconda domanda. Anzi sì: come va con gli esami? hahahahahahahahahah No, seriamente: come va con gli esami?”

Riassunto del fine settimana di pasqua: prognatismo, il culo di Clooney, tequila, una macchina che si riproduce, telefonate notturne, Bruno Ganz che fa il corniciaio killer, lupi in alta montagna, progetti per una fantastica giornata trash.

Post popolari in questo blog

UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale