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Questa casa è diventata il regno della dislocazione - dici a voce alta, camminando tra gli oggetti sparsi al suolo. Stai lentamente espandendo il concetto di casino, spostandone l’orizzonte sempre più lontano - tanto da far apparire il passaggio di un tornado come un semplice riorganizzazione ambientale, rispetto al caos che stai creando in casa, senza neppure troppa difficoltà.

Ricapitoliamo? Ricapitoliamo.
Come c’è finita una bottiglia d’acqua sull’ultimo scaffale della libreria di tuo padre, tra il secondo volume della storia del partito comunista e la Storia della Rivoluzione Russa di Trotzky? Che ci fa il pupazzo gonfiabile a figura umana dell’Uomo Ragno - quello che ti ha regalato tuo fratello per il compleanno e che tua madre ti ha espropriato per piazzarlo in salotto - disteso sul tavolo della cucina? Ma soprattutto: come ha fatto un paio di tue mutande a finire in camera di tua sorella, quando in camera di tua sorella tu non ci vai mai, e la porta è sempre chiusa? eh? come?

Lo sai? E’ come se tu - in trance - afferrassi gli oggetti a caso per spostarli dove non dovrebbero stare. Ti crei il tuo disordine inconsapevolmente: tanto che a volte non riesci neppure a trovare gli occhiali che hai sul naso. E poi, dopo aver creato questo disordine con le tue mani, ti stupisci del concentrarsi sistematico dell’entropia nei tuoi dintorni.

Sarebbe troppo facile, a questo punto, rivelarti che questo è il segnale di un disordine ben più inquietante e intimo, una sconnessione mentale, una dislocazione dei nessi razionali.
Mi spiace essere io a dirtelo: ma è proprio così.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale