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[14.36]
Facciamo il punto della situazione.
Dopo quasi tre mesi di dottorato ho cambiato progetto di ricerca tre volte. Praticamente una volta al mese. Ho già una bibliografia sterminata, pur non sapendo ancora esattamente su cosa. Sono indietro di tre articoli: uno - che è da un anno che devo concludere - tratto dalla tesi; uno di cui ho solo il titolo; il terzo di cui non ho neanche l'argomento. Vista questa impasse, ieri ho comprato un libro che pensavo non avrei mai comprato e che forse, invece, avrei dovuto comprare prima, cioè: come si fa una tesi di laurea, di Umberto Eco. Insomma: secondo Eco ho sbagliato tutto. La parte più bella è, comunque, questa: «Uno si porta a casa centinaia di pagine di fotocopie e l'azione manuale che ha esercitato sul libro fotocopiato gli dà l'impressione di possederlo. Il possesso della fotocopia esime dalla lettura. Succede a molti. Una sorta di vertigine dell'accumulo, un neocapitalismo dell'informazione. Difendetevi dalla fotocopia!» pag. 139 - il punto esclamativo è una mia aggiunta. Umberto, arrivi tardi, cazzo, le fotocopie mi hanno già sommerso... Il buon senso mi direbbe di andare a capo, qui, incominciando un nuovo argomento, ma non ho voglia. Quindi vi darò un altro consiglio, strettamente collegato: state attenti alle feste di laurea! Se no, poi, vi ritroverete, la mattina dopo, in giro per la città, febbricitanti, con in testa un medley infernale che mischia Britney Spears a Bruce Springsteen - Ooops... I did it again unito a I'm on fire. Ah, sì, se poi avete anche l'influenza e il malditesta - ma potrebbero essere i postumi da sbronza - e la tosse, vi ritoverete a camminare con le mani sepolte nelle tasche, una contrattura mandibolare, l'istinto alla tempesta, sotto un sole timidissimo, in cerca di schede per schedari che non si fanno più. Nè le schede, nè gli schedari. Per concludere vorrei aggiungere una considerazione sul progressivo peggioramento di questo diario- chiamiamolo così.
Ma anche no.
[15.05]

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale