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1 Stamattina sono partiti i miei genitori.
2 (Era ora)
3 Mia madre mi ha lasciato il suo cellulare
4 Si è premurata di dirmi (5 volte) che quando torna non vuole che i miei amici la chiamino
5 Giuro
6 Chiunque voglia il numero è pregato di mandare la debita domanda via e.mail
7 Le domande verranno vagliate e selezionate.
8 La mia prima giornata con cellulare è stata inquietante
9 A parte il fatto, non del tutto spiacevole, di avere qualcosa che vibra nelle tasche.
10 Ho ricevuto i miei primi messaggi.
11 I primi messaggi sono questi:
12 “Ale? Che cazzo è questa vampata di borghesia capitalistica?”
13 “Fregare il cellulare a Lapaola è il primo passo nel tunnel della teledipendenza! Ti stai corrompendo! Buricci sta benone e ti saluta."
14 (Buricci è il gatto di Marcaspio. Ieri Buricci è stato seviziato da Simone.)
15 “CretinoCretinoCretinoCretinoCretinoCretinoCretinoCretino”
16 Tornando a casa, ho trovato sul cellulare una chiamata non risposta.
18 Non conoscevo il numero da cui proveniva
19 Non volevo controllare sull’agenda.
19 Così ho chiamato, per curiosità.
20 La conversazione è andata così:

“Pronto?”
“Pronto.”
Silenzio. Provo a riconoscere la voce femminile che mi ha risposto.
“Buongiorno” dico
“Buongiorno” dice
Non riconosco la voce.
“Per caso lei ha chiamato questo numero di cellulare?” chiedo
“No”, esitando, “No, non credo.”
“Ah” dico “Perché qualcuno ha chiamato questo numero quando non c’ero.”
“Mi scusi, ma chi parla?”
“No, appunto, chi parla?”
“No, scusi, è lei che mi ha chiamato.”
“Mi scusi lei, ma è lei che ha chiamato me.”
“No, lei ha chiamato questo numero. Io ho appena risposto.”
“Sì, ma lei ha chiaamto il mio numero quando io non ero in casa.”
“Io non ho chiamato nessun numero. Che numero dovrei aver chiamato?”
“Ha!, certo, adesso dovrei darle il numero! Mica scemo! Prima mi dica chi è lei.”
“No, guardi, non ci capiamo. Mi dica chi è lei.”
“Non se prima non mi dice perché mi ha chiamato.”
“Ma mi ha chiamato lei!”
“No! Ha chiamato lei!”
“Senta, io non l’ho chiamata. Mi dica chi è o metto giù.”
“E allora mi dica: come faccio io ad avere il suo numero sul mio cellulare? Mi ha chiamato lei, non lo neghi. Mi dica chi è e che cosa vuole.”
“Non l’ho chiamata io e la smetta, se no chiamo la polizia.”
“Ah, siamo alle minacce! Siamo alle minacce! Sa cosa le dico? La chiamo io la polizia!”
“La chiami! La chiami! Vedremo a chi daranno ragione!”
“Certo, vedremo! V E D R E M O!”
Silenzio.
Dico: “Non è che allora mi vuol dire chi è, lei, vero?”

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale