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Il sogno è questo.

Sul letto matrimoniale, siete stesi a pancia in giù. State sfogliando un libro. Q ha i capelli neri e ci ha già provato con te una volta. Tu, quella volta, sei riuscito a evitarla. Ma stavolta, mentre parlate, ti sfiora la bocca con la sua bocca, come per caso. Sorridi. Continui a parlare. Ma parlando ti avvicini a lei e con le labbra le sfiori le labbra. Vi baciate. Q è emozionatissma, non riesce a crederci. “Lo sai?” ti dice “sono mesi che volevo che accadesse.” “Sì, lo so.”, dici. “Sì, non era possibile che non te ne fossi accorto.” “Già.” “Non ti ricordi? Te l’ho anche detto, una volta” “Non ricordo.” “Sì, ti ho detto che sei stronzo, malato, insensibile, deficiente, ma che hai gli occhi di un diciassettenne. Occhi bellissimi. Peccato per tutte quelle rughe.”

Dici: “Sai, non capisco cosa sta succedendo. Io non volevo mettermi con te. Ma poi quando mi hai baciato…” Lei sorride e ti ascolta, non dice nulla. “Ho pensato: perché no.”, dici, "Proprio non capisco."

Tua madre apre la porta. Vi dice che sta arrivando tua sorella. Dovete aiutarla a scaricare il furgone del trasloco. Il furgone non può parcheggiare vicino a casa, ha parcheggiato accanto all’A&O. Bisogna andarci in bicicletta. Al piano terra c’è una fila di uomini e donne vestiti benissimo. Fanno la coda per entrare nell’appartamento sotto il tuo. Sembra una festa di gala. Vi guardano stupiti mentre passate.

E’ notte. Le vostre biciclette sono delle Bmx un po’ più alte. Girate attorno ai giardini delle case senza trovare il furgone. Le case sono basse e distanti una dall’altra. Q sta sempre davanti a te di qualche metro. E’ felicissima. Tu ti chiedi come farai quando dovrai dirle che non vuoi più stare con lei. Pensi: “Come farò?” Pensi: “E tra due giorni? Come farò tra due giorni a dirle che è tutto finto? Che non è vero niente?” Lei intanto ondeggia con la bici su e giù per le strade. Canta.

Sotto un lampione, K ti sta aspettando. Ha una bicicletta come la tua. Q è rimasta stranamente indietro. K indica Q e ti dice: “La tua ragazza.” “Eh.” “Mi ha venduto del fumo cattivo.” Q arriva e dice: “Non aveva soldi. Lo voleva gratis” “Non è un buon motivo” dice K “State attenti” dice “Che la prossima volta…” Prende e se ne va. “Sai?” dice Q “Sai K, cosa gli è successo?” “No” “Al matrimonio di sua sorella. Lui è ridotto così male che gli hanno chiesto i documenti. Al matrimonio di sua sorella, ti rendi conto? Gli hanno chiesto i documenti al matrimonio di sua sorella, in chiesa, in mezzo al matrimonio. Non lo riconoscevano.”

Entri in tabaccheria per comprare una matita. Ci sono tre persone. Un uomo e una donna dietro il banco, un uomo col cappello dall’altra parte del banco. L’uomo col cappello ha un cane lupo. “Volevo una matita” chiedi. La donna ti passa una penna. “No, voglio una matita” “E questa cos’è?” “Quella è una penna.” Indichi una matita: “Quella è una matita.” “No, non è una matita. Noi quella la chiamiamo squoriz”, capisci subito che si è inventata il nome sul momento. “Allora, mi da una matita? O devo dire squoriz?” Lei sbuffa, apre una scatola blu e tira fuori una matita tutta marcia, con parti ammuffite e nere. “No, non voglio quella, voglio l’altra” dici, indicando una matita bianca, perfetta. L’uomo dietro il banco ti ha guardato male tutto il tempo. Ora parla: “Chi ti credi di essere? Se vieni nel nostro negozio compri quello che ti diamo.” “No, grazie.” dici. Fai per uscire. L’uomo col cappello dice al cane di inseguirti. Quando esci gli ordina: “Abbaia!”, però glielo ordina in spagnolo: “Ladra! Ladra!”

Non trovavate il furgone di tua sorella perché l’A&O non è un supermercato, come pensavi tu, ma uno spaccio di vestiti. Il furgone c’è ma se ne sta andando. Dietro, lo segue il furgone di un corriere espresso pieno di volantini. Voi decidete di tornare a casa. Q è sempre più felice; tu, invece, pensi alle sue amiche, alle amiche di Q. Soprattutto a X e Y.
Ti chiedi quando ti farai anche loro.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
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