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Sei nel mezzo di un conflitto a fuoco con l’esercito – il padre di X ha organizzato tutto questo; l’hai visto lottare con cinque soldati contemporaneamente: aveva un machete per mano e li teneva dalla parte della lama - quando suona il telefono. Apri gli occhi. Ti alzi di scatto. Corri prima che parta la segreteria telefonica. Sei senza occhiali, in mutande. Attento a non sbattere contro le porte!

Le porte vanno tenute chiuse. Tu non chiudi le porte. Tua madre ha tappezzato di post-it le porte. I post-it dicono: Chiudere la porta. Tua madre si concede anche qualche variazione: Porta chiusa o Tenere chiusa la porta. Meglio non variare troppo, che poi magari non capisci.

Quello che fai: cammini. Dove lo fai: in casa. Come cammini: nervosamente. Dove vai: su e giù. dal salotto alla cucina. Perché: nevrastenia. Funziona: per cosa? Per la nevrastenia: cosa? Camminare: no. E allora: cammini. Avanti e indietro. Al buio. Apri le porte. Chiudi le porte. Tra un po' non potrai diventare ancora più pallido. Diventerai fosforescente.

Allora cammini, ti morsichi le dita, accendi e spegni la televisione, apri e chiudi i libri, ti incazzi con gli autori che scrivono male, sbrani le pagine di quelli che scrivono cazzate, cammini con brani di pagine orrende in bocca, cammini e a un tratto la tua gamba sprofonda. Guardi. E’ proprio sprofondata. Hai pestato una pagina della tua tesi, la tua gamba destra vi è sprofondata dentro. Tiri la gamba, ma è incastrata. Ti appoggi a qualcosa di solido e tiri e tiri, ma niente. Provi a scavare, ma la mano rimane incastrata nella pagina. La mano destra. Con la mano sinistra allora ti fissi al pavimento, trovi un angolo in cui incastrare il piede sinistro. Spingi, ma scivoli, e piede e mano si infilano nella pagina. La consistenza è esattamente quella del fango. Speri che qualcuno passi per caso per il corridoio con un argano a motore.

Ah, dimenticavo, la telefonata. Insomma, corri, sbandi, scivoli, sbatti, ma riesci a rispondere prima che scatti la segreteria telefonica.
- Pronto.
- Ciao!
- Mamma?
- Funziona!
- Mamma, che fai?
- Provo il cellulare! Volevo vedere se funzionava.
- Ma che ore sono?
- Le otto.
Ti viene un orrendo sospetto
- Mamma? Dove sei?
- Funziona, hai visto?
- Sì, ma dove sei?
- Nell’altra stanza.
Giri la testa, lento, con la cornetta in mano: lei è lì, dietro, sulla porta.
Ti saluta con la mano con cui tiene il cellulare.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
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