Passa ai contenuti principali
… e se deve essere caldo allora sia caldo infernale, allucinante, sia la canicola che spezza il cranio, fonde i capelli, l’aridità che brucia l’asfalto, sfibra i contorni, prosciuga le vene, sia il collasso senza ritorno, il coma desertico, l’oltretomba infiammato…

… e allora ho preso il treno per venezia, alle undici di mattina - una vacanza mi sono detto non può farmi male, una vacanza da me stesso - ma a dir la verità non cercavo il riposo, cercavo il collasso, il completo annullamento dei sensi, per questo non…

… la vecchia? Non era antipatica. I capelli corti, un bastone di legno, un vestito blu a fiori. Era senza dentiera. Mi ha chiesto se ero terrone. “Ti sito terron, ti?” No, purtroppo, ho detto. Raccontava a me e a gino che…

… i segni dell’imminente apocalisse sono sempre più inequivocabili, dice…

… vuoi acqua? No, dico, cerco il collasso. ride. rido…

… poi ci ha fatti avvicinare. Lei era in piedi, nel corridoio del vagone. Io alla sua destra, gino alla sua sinistra. Ci ha fatto avvicinare come per raccontarci un segreto. Ha detto: “A Venezia, l’aglio lo chiamano aggio.” Poi: “Il fruttivendolo vicino a casa mia urla sempre: Aggio bello grosso!” Ci guarda. Prima gino, poi me. “Un giorno passa di là un napoletano, sente il fruttivendolo urlare Aggio bello grosso! e dice: Anch’io l’aggio bello grosso, ma non lo vado mica a gridare in giro…” ha ha ha…

… no, è che quando penso a mio marito, morto 35 anni fa, che ci volevamo un bene dell’anima, mi vien da fare la stupidina. Lavorava alle ferrovie. Aveva la terza media, ma sapeva dieci lingue. Non fosse morto, adesso sarebbe a capo delle ferrovie. Io lo dico sempre: non mandate i vostri figli a laurearsi: che imparino le lingue. Le lingue sono importanti! Infatti, mia figlia…

… dopo tre ore di esposizione prolungata al sole atterro con una gomitata sulla nuca un bambino cinese per farmi rivelare il segreto delle nuvole di drago. Ma scopro, mio malgrado, dopo averlo atterrato, che non è cinese. E non è neppure un bambino. E’…

… di dove siete? Non siete di venezia. Sapete quanti canali ha venezia? Ne ha tre. E quanti ponti? E le gondole, sapete come vengono fatte le gondole? Con cinque legni diversi. Io parlo cinque lingue: francese, italiano, inglese, spagnolo, greco. Ho ottantadueanni ma non li dimostro, he. E la mia casa, i miei genitori la comprarono per 32000 lire, ora vale cinque miliardi. L’ho già regalata a mia figlia, è una casa del milleottocento, sa? Quando c’è il mercatino dell’usato a padova?…

… dopo cinque ore di insolazione, senza cappello, senza un goccio d’acqua, nel tentativo di raggiungere il collasso, mi appare Elio Vittorini. Elio! dico. Eh Alessà, dice lui, tu sei in preda agli astratti furori! E tu? che ci fai qui?, gli chiedo. Astratti, dice lui, non eroici, non vivi, capisci?! Eh, Elio, dico io, è dura, qui…

… della biennale mi rimarrà in mente solo il genio bastardo di damien hirst e un sottile senso di apocalisse imminente…

... p.s. il rosa-porcello è un colore bellissimo per la biancheria, si intona perfettamente col verde rettile, e non capisco perchè certe persone non vogliano stare al passo coi tempi...

Post popolari in questo blog

UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale