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la tua vita è ancor tua.
la mia vita è ancor mia.
la mia vita è ancor mia?

… e se la processione d’improvviso inciampasse? la strada in discesa ha ciottoli che escono dalla trama, si sollevano aguzzi sulla superficie: basterebbe che il vecchio pettinato bene e la cravatta rossa sbagliasse il passo mentre legge e canta, e giù: rotolerebbe verso la piazza. E dietro di lui inciamperebbero e rotolerebbero gli altri vecchi, rotolerebbero i chirichetti col colletto rosso, il prete con la tonaca color crema, rotolerebbe il signore in bilico che regge lo stendardo enorme, e rotolerebbero le donne in costume di montagna che portano la statua della madonna, rotolerebbe la madonna, rotolerebbero le suore a braccetto, rotolerebbero i veli delle suore, rotolerebbero le gobbe delle vecchie, rotolerebbero i bambini con le scarpe pulite, rotolerebbero i turisti che puntano lo sguardo al cielo, rotolerebbe la chiesa costruita sul ciglione, rotolerebbero le tombe del cimitero quasi casalingo, rotolerebbero i fiori che crescono sulle tombe, rotolerebbero le salme dei bambini sepolti nell’angolo più soleggiato, rotolerebbe tutto: sarebbe tutto un ruzzolare, uno scontrarsi, un capovolgersi di gonne e di capelli e di stendardi.
Rimarrebbe stabile solo il ripetitore telefonico che si vede a due metri dal terrazzo panoramico...

Qui i paesi hanno nomi mozzi e ruvidi, esotici, esoterici: Tronch, Bragarezza, Pescùl, Astragàl. Mio padre ha comprato in montagna un appartamento che non è ancora pronto. Ma è suo, e lo vuole usare. Da due giorni vive, da solo, in quattro stanze dall’arredamento minimale: un letto, un tavolo, una sedia, una televisione al plasma appoggiata per terra, il decoder satellitare. Per il resto, solo parquet. Non fosse per il televisore sembrerebbe uno squatter. (Con la televisione, invece, sembra uno squatter con una televisione al plasma.)

I tornanti mi fanno venire la labirintite. Io e mia madre siamo seduti dietro; davanti, a guidare, il marito di mia sorella, con mia sorella al fianco. Seguo con lo sguardo le curve a gomito e mi concentro per trattenere la nausea e mia madre mi colpisce alla spalla, indicando il finestrino, mi dice: “La vedi la casa? la vedi? è quella! è quella nella posizione migliore!”
“Sì, la vedo.”
“Come fai a vederla, che non l’hai mai vista? E’ quella!”
“Sì, l’ho vista.”
“Ma no, guarda meglio.”
“Ma l’ho vista…”
“E’ proprio bella, è quella con la vista migliore.”

Mi fa male un orecchio, il destro. Il mio progetto di rimanere in silenzio per più di ventiquattro ore di seguito è fallito.

Nel giardino accanto, i nostri condòmini celebrano il picnic di ferragosto. Il fumo della grigliata si insinua nelle finestre dell’appartamento. Speriamo che non ci invitino, pensiamo tutti, già in preda all’ansia da prestazione sociale. Speriamo che non ci invitino. Il commento su di loro sarà poi: sembravano tutti perfettini, tutti a modo...

…mentre la processione rotola verso valle - raccoglie detriti e diventa una frana colossale, uno smottamento di dimensioni catastrofiche - noi corriamo verso la chiesa, a sbirciarla mentre è vuota. Qualcuno ha utilizzato l’acquasantiera esterna come portaombrelli. All’interno, un affresco rovinato mostra una donna che indossa un vestito medievale. Il vestito ha una scollatura quadrata e abbondante, trattiene a stento le tette che debordano.
Al gineceo si arriva arrampicandosi su una scaletta dai gradini sottili: si rischia la tragedia a ogni passo. Ma il posto è magico, tutto in legno chiaro, quasi bianco.
Sembra la galleria di un vecchio cinema...

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale