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Interviste inutili 1

Emanuele formula questo genere di pensieri: “La teoria linguistica che stiamo studiando postula i limiti della comunicazione, dovuti a fatti semantici individuali e a problemi di contesto. Se io e te stiamo parlando - se tu sei il ricevente, io l’emittente di un messaggio - tu capirai solo una percentuale di quello che io voglio dirti. Questa percentuale può tendere a zero o a cento, ma non potrà mai essere esattamente zero o esattamente cento. Adesso: mettiamo che io stia parlando da solo. Diciamo che pensare è un modo tutto particolare di parlare da soli. In questi casi l’emittente e il ricevente sono la stessa cosa. Allora vuol dire che quando pensiamo non ci capiamo mai del tutto, no? Vuol dire che qualcosa di quello che diciamo a noi stessi ci sfugge sempre…”
“E’ per questo che ci sono gli psichiatri”, commenta la professoressa, “Forse non faresti male ad incontrarne uno…”- questo non lo dice, ma dallo sguardo è chiarissimo che lo pensa.
Emanuele, perché sul tuo astuccio hai scritto “18” cinque volte? Eri contento di essere diventato maggiorenne?
Ride: “Non l’ho scritto io. E’ stato un mio compagno di liceo. Si vantava delle proprie dimensioni.”
Sul tuo astuccio?
“Sul mio astuccio.”

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale