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Perché mi arrivano le lettere di Frate Indovino?
Mi scrive:
E' certo che, da parte mia, porgo la mano per offrire quello che in realtà ho di più caro: la mia Fede in Dio ed il rispetto per tutte le Sue creature.
o anche:
Dalla corrispondenza che fino ad ora ho ricevuto emerge un partecipato consenso per l'Almanacco Frate Indovino 2002, dal titolo "Zuccherini Italiani". Non solo la veste grafica è reputata gradevole, ma anche il tema di fondo (che bacchetta in modo bonario quei "vizzietti" tipici degli "arrivisti nostrani" vecchi e nuovi) è stato compreso e anche apprezzato.

Caro Frate: cambi nome, la prego. Io - glielo dico una volta per tutte -
sono ateo. Non bestemmio solo perchè mi vengono meglio altre parolacce.
Degli "Zuccherini Italiani", che, detto con franchezza, mi fanno venire la pelle d'oca,
non me ne frega un cazzo.
E "vizzietti" si scrive con una zeta sola.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale