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Davanti al fruttivendolo, accanto alle cassette di pomodori, ci sta un vecchio seduto su una sedia pieghevole di plastica. A chiunque passi di lì, il vecchio dice: “Afa.” Si appoggia ai braccioli della sedia, si sporge in avanti e con le labbra molli dice: “E’ tutta colpa dell’ afa

Alla fine, le mie vicine di casa, quelle che hanno la finestra che dà sul mio garage, mi hanno invitato a bere qualcosa. V racconta che ha fatto il liceo in collegio dalle suore. Ogni piano del collegio aveva una suora di riferimento, responsabile del piano. “Una di queste”, racconta, “Quella del secondo piano - tipo lesbico, trent’anni, anche una bella donna - a carnevale, un anno, si travestì da Crudelia Demon. Hai presente: capelli metà bianchi, metà neri; pelliccia. Per rendere il tutto più credibile, ha radunato tutte le ragazze del suo piano, gli ha messo un guinzaglio e le ha portate in giro così per il collegio.”

Il desiderio insopprimibile di fare la candela in qualunque posto ti trovi è il segno inequivocabile di una sbronza piuttosto potente. Seguono le seguenti fasi (tutte ovviamente a testa in giù, con le gambe che oscillano pericolosamente):
1. proselitismo (Dai, fai la candela anche tu!)
2. incredulità (Perché non vuoi fare la candela? Davvero non vuoi fare la candela?)
3. sarcasmo (Oh, tu sei così superiore, certo, non ti abbassi a fare la candela!)
4. insulti (Ma sei una merda merdosa! Perché non vuoi fare questo cazzo di candela?)
5. minacce (Se non fai la candela ti tiro un calcio nelle palle.)
6. regressione all’infanzia (Se non fai la candela non sono più tua amica/trattengo il respiro)
7. lusinghe (Dài, fai la candela. Scommetto che nessuno fa la candela come te.)
8. insulti 2 (Ma porcaputtana, cazzo, figa, sei uno sfigato testadicazzo!)
9. manie dittatoriali (Adesso ti ordino di fare la candela! Te lo ordino!)
10. sonnolenza, stanchezza, cedimento strutturale, insulti 3 (irriferibili).

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale