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- Allora, come è andata dagli F*? – chiedo a tavola
- E’ andata bene – risponde mia madre – V * mi ha detto che vi siete conosciuti.
- Alla laurea di A*
- Già. Mi ha detto che sei molto educato. Quasi mi mettevo a ridere.
- Perché? Io sono molto educato – dico, arrotolando quattro etti di spaghetti in una sola forchettata.
- E allora com’è che a casa scoreggi, lasci i vestiti sporchi in salotto e mangi come un camionista?
- Non è mica vero. – rispondo, con la bocca piena - Avete mangiato bene?
- Sì, benissimo. Da quando V* cucina vegetariano, a casa sua si mangia benissimo.
- Cosa avete mangiato? - chiedo, mentre con la mano libera mi gratto un'ascella.
- Di primo: pasta con le cozze. – dice - La smetti di fare quei bocconi?
- Le cozze non sono vegetali. - puntualizzo ruttando.
- Sei il solito pignolo. Comunque per me sì: le cozze sono vegetali.
- Ah sì? E che altro? Il pollo? Il pollo è vegetale per te? - sarcastico, con un dito nel naso.
- Il pollo no – dice – Ma l’agnello sì. L’agnello è vegetale.

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale