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Ciao demente,

Allora sei partita, sei arrivata? Gli aerei hanno smesso di congiurare contro di te o sei ancora seduta in aereoporto, con lo zaino in spalla, ad aspettare un volo che non esiste?
E adesso, tu ed E, state mettendo a ferro e fuoco Lipsia?

Qui le cose procedono più o meno come al solito. Tranne che mi è venuto improvviso lo spasmo di riprendere in mano le cose che mi riprometto sempre di leggere e che non leggo mai. Che non sarebbe male, se non volessi leggerle tutte contemporaneamente. (E se non avessi altro da fare.) Così ho tirato fuori: sei romanzi iniziati mai portati a termine, un libro di linguistica, uno di storia, uno di teoria della letteratura, uno di filosofia, un atlante geografico, qualche volume dell'enciclopedia, sette fumetti arretrati, una lista infinita di libri da comprare, due grammatiche straniere (francese e tedesco). E li ho aperti tutti e letti tutti un po’, qualche riga per ognuno senza concludere nulla, fino allo scontro serale con Cartesio: quasi una rissa sul metodo. Stanotte ho sognato che dovevo rifare l’esame di maturità – un esame nuovo, appena approvato dal parlamento, una cosa di cui nessuno sapeva la dinamica.
Sabato, invece, T. mi ha convinto a vedere un film horror di Lucio Fulci. Non ha dovuto insistere molto. Era un film orribile. Ti sarebbe piaciuto. E' la storia di un prete che si impicca e spalanca le porte dell’orrore. No, è la storia di alcuni zombi che appaiono e scompaiono come fantasmi. Con una mano, questi zombi, prendono la nuca di qualsiasi persona e la spremono. No, è la storia di una ragazza che vomita le proprie interiora. Anzi, no, è la storia di un tipo che viene ucciso con un trapano nel cervello. Ma cosa dico! E' la storia di una medium e di uno psichiatra, che salvano il mondo entrando nella tomba del prete. Lì, dopo aver passato cunicoli pieni di zombi e topi, uccidono il prete maledetto per sempre, tafiggendogli forse la pancia, forse l’inguine – non si capisce bene dalla scena – con una croce di legno appuntita, grande un metro e mezzo. Gli zombi allora bruciano. Insomma: un capolavoro. Si intitola PAURA nella città dei morti viventi, nel caso tu volessi noleggiarlo.
Magari si trova anche in DVD.

Non mi manchi, sai. No no. Non ti penso. Anzi, sto piuttosto bene senza di te e senza quei tuoi cazzo di uomini.

(Questo perché non pensi che io sopprima l’insopprimibile voglia di infastidirti ed irritarti solo perchè sei via)

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale