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Dopo
Com’è che a un tratto, in un attimo, in un istante, da un momento all’altro - com’è che all’improvviso, senza che niente lo annunciasse, alle quattro di mattina, in bici, solo, per le strade vuote, con un freno rotto, in un secondo, da un secondo all’altro, nello scatto millimetrico di un orologio - com’è che, così, senza preavviso, dopo una serata bella - com’è che poi ti monta dentro l’angoscia? Com’è che, quindi, si gonfia lenta, dal baricentro caldo del tuo corpo, si ingrandisce piano, fino a prendere le forme dei tuoi margini, fino ad espandersi oltre i tuoi confini, diventando una bolla atmosferica di angoscia, una sfera pulviscolare di delirio, e com’è che ti risvegli dentro a una foschia che si muove con te, avanza con te, tenendoti sempre al centro, precipitandoti addosso e non ti fa fuggire? Com’è?

Prima
E’ una cosa istantanea e il pallone ti colpisce e il campo scompare in un bianco lumioso e credi di avere gli occhi chiusi e invece no e invece sono aperti e provi a bestemmiare e non ha il fiato e sei piegato un poco e hai una postura innaturale da punto di domanda e la palla ti ha colpita dritta e forte e ti ha preso in pieno il petto e i polmoni devono essere i polmoni e i polmoni si sono sicuramente svuotati per il colpo e niente e non respiri e non parli e non hai più fiato e non ti accasci e non ti raddrizzi, così. Poi il fiato riprende, ma sempre con uno svirgolo, con un fischio e un soffio che prima non c’erano. “Scusa, non credevo tu fossi là.” “Eh?” “Sì, ti avevo visto, ma sfuocato come sei sembravi un po’ più a lato.”

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
Novembre 1936 – paul éluard (traduzione: Franco Fortini) Guardateli al lavoro i costruttori di macerie sono ricchi pazienti neri ordinati idioti ma fanno quel che possono per esser soli al mondo stanno agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco piegano fino a terra palazzi senza capo. A tutto ci si abitua ma a questi uccelli di piombo no ma non al loro odio per tutto quel che luccica non a lasciarli passare. Parlate del cielo e il cielo si vuota poco ci importa l’autunno i nostri padroni hanno pestato i piedi noi l’abbiamo dimenticato l’autunno dimenticheremo i padroni. Città secca oceano d’una goccia scampata di un unico diamante coltivato alla luce Madrid città fraterna a chi ha patito lo spaventoso bene che nega essere esempio a chi ha patito l’angoscia indispensabile perché splenda quel bene. E alla sua verità salga la bocca raro alito sorriso come rotta catena e l’uomo liberato dal suo passato assurdo levi innanzi ai fratelli un volto eguale