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Tutti a rendere omaggio! Tutti dal guru il lunedì mattina! A rendere omaggio!
Buone vacanze! (inchino, via un altro)
Buone ferie! (inchino, via un altro).
Il guru oggi ha una camicia blu elettrico. Dispensa benedizioni. Prenditi una vacanza, dice a una. Riposati, dice a un altro. La fila è lunga tutto il corridoio. Volevo consegnargli ottantamila pagine, invece sono lì, solo, col mio sorriso più scemo, in coda, l’ultimo.

(Falciatrici, ferri da stiro, lavatrici: vi odio, sappiatelo. Soprattutto voi, falciatrici. Vi odio più di tutti. E’ inutile che continuate a svegliarmi per ripicca. Io vi odio, vi odierò per sempre. La lotta è appena comincita, falciatrici, vi saboterò. Saboterò il vostro piano di dominio. La vostra visione del mondo, piena di prati rasati, è aberrante.)

- Ho una nuova ricetta – questa è mia madre
- Ah sì? – questo sono io.
- Una ricetta piena di ananas – questa è ancora mia madre
- Ananas. – sì, questo sono ancora io
- Non lo sai? Fanno una strana reazione chimica. Quando mangi un sacco di ananas poi la pelle ti profuma di ananas – questa è? (un po’ di suspance) be’ sì, è mia madre.

Arriva il mio turno. Il guru ha appena ordinato a E di prendersi una vacanza. “Adesso ti prendi una vacanza”, le ha detto. Mi avvicino io. Mi rimpicciolisco. “Volevo solo salutarla”, dico. Lui mi prende la mano, la stringe. La scuote. Continua a scuoterla. I suoi occhi si ingrandiscono, lo giuro. Si colorano. Onde di colore diverso dal centro verso l’esterno. Mi continua a stringere la mano mentre mi ipnotizza. Quando sono in sua completa balia e penso che stia per spalancare la bocca e ingoiarmi in un unico boccone, mi dice, con una voce suadente, ammaliante: “Buon lavoro.” Continua a stringere la mano.
Continuo a scuotere la mano. Scuoto. Il rumore della porta del suo studio che si chiude mi risveglia.
Sto ancora scuotendo la mano destra. Agosto sarà lunghissimo.

- Castelli non si vuole mica dimettere. – (questa è ancora mia madre)
- Ah, no? – (e questo sono… vabe’ si è capito)
- Tiene duro.
- Si dimetterà, vedrai.
- Tengono tutti duro.
- Si dimetteranno.
- Ad ogni modo se becchi un temporale non stare vicino agli alberi.
- Scusa?
- Sì. Sai, gli alberi?
- So cosa sono gli alberi, ma cosa…
- Viene una raffica e ti cadono addosso
- Sì, ma come…
- Succede sempre così, con questi temporali. Muore sempre qualcuno.
- Ma mi vuoi spieg…
- Io se vedo che piove, dagli alberi me ne sto lontana.
Se ne va.

State tutti lontani dagli alberi, neh?

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UNA QUESTIONE DI LESSICO (ovvero: e mo' che faccio? cambio nome?) Dove si scopre che il limite della propria cialtroneria è sempre un po' più in là rispetto a dove lo si sospetti. (tratto da questi commenti al blog di giuliomozzi ) (...) Brèkane. Chissà dove ha preso quel nome da cattivo di cartone animato giapponese tipo Goldrake. Posted by Raspberry at 21.07.04 01:41 Ehm, be', il nome... il cattivo di un cartone animato giapponese ancora non me l'aveva detto nessuno... comunque, brekane (o meglio "breccane") è la parola veneta per ortiche. In sè non vuol dire nulla, ma qui "andare a breccane" significa - oltre che "andare così lontano che ci sono solo le ortiche", cioè (con un'altra perfetta locuzione locale) "andare in tanta mona" - anche "divagare, uscire dal discorso". Posted by brekane at 21.07.04 08:52 Ma le brecane non sono le eriche selvatiche? Posted by Mro at 21.07.04 18:36 o
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